L’IPCC (Intergovernmental Panel on Climate Change) è il principale organismo internazionale per la valutazione dei cambiamenti climatici. Migliaia di scienziati di tutto il mondo, su base volontaria, contribuiscono al lavoro di questo organismo delle Nazioni Unite.
Secondo l’ultimo rapporto speciale “Global Warming of 1.5°C” dell'IPCC, appena pubblicato, serviranno cambiamenti rapidi e risolutivi per evitare un aumento disastroso delle temperature globali che renderà invivibili ampie regioni del pianeta. Questo significa che abbiamo a disposizione una piccola finestra d’azione per intervenire.
Come si è arrivati a questa situazione? Con lo sfruttamento considerevole dei combustibili fossili, abbiamo prelevato carbonio che aveva impiegato mediamente 200 milioni di anni per formarsi, bruciandone una parte consistente nei 200 anni di Rivoluzione Industriale che abbiamo alle spalle, con conseguente trasferimento di anidride carbonica (CO2) in atmosfera. La velocità di questo trasferimento ha creato un'alterazione del clima che è particolarmente significativa per la rapidità con cui sta avvenendo. La concentrazione atmosferica di CO2 in epoca preindustriale era di 280 ppm (parti per milione in volume), mentre nel 2018 questo valore misura 410 ppm, con un aumento di 2 ppm all'anno.
L'Accordo di Parigi sottoscritto nel 2015 da tutti i Paesi del mondo impegna i Governi a “mantenere l'aumento della temperatura media globale ben al di sotto di 2°C rispetto ai livelli preindustriali, perseguendo tutti gli sforzi per limitare l'aumento di temperatura ad 1.5°C”. Per rispettare tale Accordo dovremmo azzerare il bilancio netto delle emissioni di gas serra (tra cui la CO2) entro il 2050. Occorre quindi limitare drasticamente la quantità di gas serra emessi in atmosfera nei prossimi decenni, puntando alla dismissione completa dei combustibili fossili (decarbonizzazione), facendo anche in modo che il picco delle emissioni avvenga prima del 2020 al fine di incrementare la probabilità di rispettare l'intento di rimanere “ben al di sotto dei due gradi”.
Il rapporto dell’IPCC dice che 2 °C di riscaldamento globale potrebbero distruggere circa il 13% degli ecosistemi terrestri del mondo, aumentando il rischio di estinzione di molti insetti, piante e animali, mentre mantenere il riscaldamento a 1.5 °C ridurrebbe il rischio della metà.
Il problema è che superando la soglia critica dei 2°C entrano in gioco dei meccanismi di rafforzamento (feedback) che porterebbero il clima fuori controllo, rendendo inefficaci i successivi interventi di contenimento delle emissioni. Oltrepassando questa soglia i fenomeni accelerano, e le modificazioni ambientali diventano troppo rapide perché le specie possano riuscire ad adattarsi. Il cambiamento climatico non si riduce ad un semplice aumento di temperatura, ma produce un'alterazione di tutte le componenti del sistema termodinamico terrestre.
In un tempo molto breve l'umanità deve riuscire a sviluppare delle strategie di adattamento, prima di tutto culturali e poi di conseguenza anche pratiche. Oggi abbiamo una grande quantità di nuovi riferimenti da incorporare nel nostro bagaglio culturale, che implicano anche delle limitazioni e delle prese di responsabilità fino a ieri del tutto inedite: per esempio, da un punto di vista spazio-temporale, dobbiamo riuscire a realizzare che le azioni quotidiane di ogni individuo che vive in un modo industrializzato non influenzano soltanto il tempo presente e lo spazio locale, ma mostrano i loro effetti con ritardo, hanno conseguenze su tutto il Pianeta e provocano delle alterazioni che durano poi per diversi millenni. Non far nulla è la peggior cosa che possiamo fare. Siamo schiavi delle abitudini, e il cambiamento ci spaventa, ma la crisi economico-finanziaria del 2008 era solo un piccolo campanello d’allarme, ora per evitare il collasso occorre una nuova rivoluzione copernicana.
La società moderna che oggi conosciamo è regolata dalla massimizzazione dei benefici a breve termine, che provengono dalle logiche del capitalismo. Questa metodologia, insostenibile, è diventata poco a poco un'ideologia, che ha contaminato la democrazia e la cultura, rendendole incapaci di occuparsi dei problemi futuri.

E allora occupiamoci di futuro, da oggi