Ritardi nella messa in sicurezza dei beni culturali (lettera aperta di alcuni cittadini di Amatrice)
Difficoltà e lentezze nella assistenza agli allevamenti (intervento della presidente nazionale di Legambiente)
Su questo sito abbiamo sempre seguito e commentato la dolorosa vicenda del terremoto in centro Italia, che sembra non finire mai (vedi 25 e 31 agosto, 5 novembre, 15 e 30 dicembre 2016).
Pubblichiamo ora due interventi che denunciano alcune criticità.
Il primo è una lettera aperta al Ministro dei Beni Culturali scritta da alcuni abitanti di Amatrice che lamentano i ritardi nella messa in sicurezza dei beni culturali
Il secondo è un post di Rossella Muroni, presidente nazionale di Legambiente, che riconosce il valore della Protezione Civile nelle azioni di salvataggio delle persone, ma lamenta le lentezze nell’assistenza gli allevamenti
Lettera aperta al Ministro dei Beni e delle Attività Culturali
Onorevole Ministro,
con la presente siamo a rappresentarle la triste condizione che aleggia sul patrimonio storico- artistico della conca Amatriciana, ad ormai cinque mesi dal primo evento sismico che ha sconvolto il nostro territorio; inizieremo da un piccolo aneddoto.
Circa tre settimane dopo il sisma del 24 agosto un uomo straordinario, Ignazio, di professione pompiere, durante una complessa operazione di recupero lungo il corso di Amatrice, all’interno di un locale letteralmente “tumulato” sotto due piani di macerie, si è tolto i guanti per raccogliere un libro dell’Ottocento: non voleva sporcarlo.
Vede Signor Ministro, Ignazio è l’emblema della nutrita schiera di uomini, professionisti o semplici appassionati, che hanno dentro di sé quella generosa incoscienza che ha permesso al nostro immenso patrimonio storico-artistico di giungere ai giorni nostri, travalicando i secoli e le calamità. Eppure, il nobile spirito di questi uomini resta frustrato quando cerca il conforto dei soggetti preposti alla salvaguardia ed alla conservazione di questo patrimonio: funzionari e addetti del Suo Ministero.
Senza generalizzare, e fatte salve tutte le eccezioni, non può più essere taciuto né accettato l’atteggiamento distratto, attendista e strumentalmente prudente di costoro, di fronte alle accorate richieste di intervento che vengono dalle Istituzioni locali e dai cittadini tutti. Forse non tutti lo sanno, ma Amatrice è la città delle cento chiese, del Principe Orsini e della Famiglia Vitelli, di Cola Filotesio e Dionisio Cappelli, dei mille oggetti d’arte minore pubblici e privati; per questo Amatrice meriterebbe più rispetto: per la tragedia che ha subito e, soprattutto, per i suoi quasi mille anni di storia.
Della spocchia, delle risposte evasive e scontate, dei “non so” e dei “non si può” Amatrice non ha bisogno. Lo stesso dicasi di alcuni personaggi, impettiti ed immobili come il galletto che segna il Nord sopra ai campanili, devoti più alla sacralità della procedura che alla sopravvivenza delle opere d’arte.
I Beni da salvare sono centinaia e distribuiti su un territorio tanto vasto quanto fragile: dipinti, statue, oggetti sacri, reliquie, campane, affreschi ed interi edifici, oltre alla terra ora temono il cielo: la pioggia, la neve, il vento ed il gelo. Per compiere un’opera di salvaguardia tanto importante quanto maestosa, c’è bisogno di passione, abnegazione e spirito di sacrificio; c’è bisogno di persone sensibili che di fronte alla bellezza, spogliata della sua magnificenza, sappiano ancora abbandonarsi ad un sano stupore, anziché ad un inutile sguardo di compassione.
C’è bisogno di tanti Ignazio, pronti a tirarsi su le maniche ed agire. Subito! Lasciate spazio ai tanti volenterosi che hanno sinceramente a cuore le sorti del patrimonio storico-artistico della conca Amatriciana; avvaletevi della loro collaborazione, “approfittatene”. Affiancate loro personale qualificato e dinamico: resterete sorpresi della partecipazione e soddisfatti dei risultati. Sappia che qualsiasi iniziativa Ella intenda adottare per agevolare una celere messa in sicurezza delle opere d’arte e dei monumenti ancora esposti a gravi rischi, troverà convinta collaborazione. Sappia però che non sarà più accettata alcuna forma di inerzia: non resteremo a guardare mentre i nostri simboli cadono uno ad uno.
Certi del Suo tempestivo interessamento Le inviamo distinti saluti.
Amatrice, 20/01/2017
Protezione Civile: cari senatori approvate una riforma che risponda alle richieste dei cittadini (Rossella Muroni, 25.1.2017)
Qualcosa non ha funzionato. La macchina dell’emergenza, attivata all’indomani della scossa che a fine agosto ha dato inizio a un interminabile calvario strutturale nel cuore dell’Appennino, ha funzionato in maniera commovente, grazie alla Protezione Civile, nel salvare persone in condizioni estreme, ma si è gravemente inceppata sul fronte delle procedure di assistenza agli allevatori e di fronte all’ennesimo carico del maltempo che in queste settimane si è accanito su terre, famiglie e animali.
La pubblica richiesta di trasparenza si è trasformata in eccesso di burocrazia e la Protezione Civile, chiusa nel ristretto di un ruolo ridimensionato dall’ex Governo Monti, non ha potuto garantire altrettanta efficacia. Ce lo raccontano i giovani allevatori che hanno ricevuto piccoli contributi diretti grazie alla raccolta fondi “La Rinascita ha il cuore giovane” che Legambiente insieme ad altre associazioni sta promuovendo.
Allevatori rimasti ad affrontare l’ennesimo disagio, isolati, arrabbiati e sconfortati dai faldoni di documenti che gli hanno chiesto di produrre. Quando non c’era tempo di attendere, se non l’inverno che in Appennino non fa sconti.
Lo sa bene Amalia Nibi, che da cinque generazioni alleva e produce formaggio biologico di qualità e mele ad Amatrice, in attesa da ottobre di delocalizzare il caseificio, in un dedalo di lentezze procedurali e formalismi burocratici, promesse ed errori che oggi le hanno bloccato la produzione senza riuscire neanche a ottenere la scheda Aedes, la scheda di rilevamento di primo danno, fondamentale per la delocalizzazione.
Dall’altra parte dei Sibillini, in una piccola frazione di Arquata del Tronto, Mirko Trenta per giorni non è riuscito a raggiungere, come ogni giorno da agosto, dalla costa adriatica dove è stato spostato in albergo, la sua mandria di razza marchigiana, lasciata senza cibo e in attesa della stalla nonostante avesse perfezionato da tempo le procedure per ricevere i tunnel.
Sono tante le singole ragioni e disperazioni che si incontrano oggi a Roma, un mondo che vuole dare una scossa alle istituzioni, autoconvocandosi con la manifestazione “La scossa dei terremotati”, in sostegno delle popolazioni colpite dal sisma e dall’ondata di maltempo.
La richiesta è lecita e ragionevole per quanto disperata: chiedere che le esigenze primarie dei cittadini vengano prima di esigenze procedurali e di trasparenza, ma soprattutto che siano chiari i programmi degli interventi di immediata attuazione, affrontando un’emergenza e un inverno che in Appennino finirà a marzo inoltrato. Un evento annunciato e programmabile, ma che non solo a causa della natura e all’inarrestabile attività sismica, ha reso questo territorio oggi più fragile e in una situazione più esasperata.
E bisognoso di risposte adeguate. Oggi le cifre parlano di 400 milioni di danni, di 3mila allevamenti con oltre centomila animali tra mucche, pecore e maiali, nelle aree colpite dal terremoto, dove, tra nuove scosse e il peso della neve, stimano perdite di milioni di euro e un aumento del 30% dei costi legati alle difficoltà di gestione e distribuzione.
Ma il prezzo maggiore lo hanno fatto pagare i pesanti ritardi e le inefficienze burocratiche che a distanza di cinque mesi dalla prime scosse hanno consentito di completare – secondo la Coldiretti – appena il 15% delle strutture di protezione degli animali.
Il governo da agosto ha adottato due decreti legge e diverse ordinanze per la ricostruzione con lo scopo di coniugare la massima trasparenza della spesa pubblica e la semplificazione delle procedure, delegando i lavori alle Regioni, attraverso un meccanismo di anticipo delle spese che comunque prevede un complicato quadro di iter approvativi senza certezza di rimborso, tanto che a metà gennaio è stata emessa un’ordinanza di protezione civile per semplificare le procedure della realizzazione delle stalle temporanee.
Un’ordinanza che segnala come evidentemente qualcosa non aveva funzionato in questo sistema di centrali uniche di committenza e tensostrutture provvisorie, che non hanno retto alla prova del maltempo. In questi giorni il Paese è di nuovo messo alla prova dall’estremizzazione dei fenomeni meteo legati ai mutamenti climatici (neve al centro ma anche alluvioni al sud). Nell’Appennino colpito dal sisma i cittadini chiedono una macchina efficace di aiuto e sostegno che vada oltre la fase emergenziale.
Chiedono una Protezione Civile potenziata che dopo aver garantito la gestione della prima fase, possa, in accordo con i Comuni garantire la sicurezza e il futuro di questi territori: oggi in Senato riprende l’iter per la riforma del nostro sistema di Protezione Civile, la speranza è che i senatori sappiano rispondere rapidamente alle richieste dei terremotati offrendo loro un sistema che li accompagni verso la rinascita delle comunità, di territori, delle attività produttive, dei siti culturali.