CASA DELLA CITTÀ LEOPOLDA
LUOGO DI AGGREGAZIONE, CULTURA E INNOVAZIONE
Pisa ha un problema: come utilizzare al meglio la struttura e l’esperienza della “Casa della Città Leopolda”. La ex stazione della ferrovia leopoldina, dopo essere stato a lungo sede del mercato ortofrutticolo all’ingrosso, verso la fine degli anni ’90 è stata oggetto di un approfondito e partecipato dibattito cittadino. Ne è emerso un progetto originale, innovativo e rispondente a un bisogno della città: avere un luogo dove cittadini e associazioni, di ogni tipo e tendenza, potessero incontrarsi e progettare insieme attività culturali e sociali. L’Amministrazione Comunale rispose positivamente con la necessaria ristrutturazione, operazione delicata considerando il valore storico della Stazione Leopolda.
Nel 2012 l’Amministrazione Comunale, modificando i canoni degli spazi di sua proprietà, ha imposto condizioni economiche tali da non favorire l’associazionismo, tanto che Legambiente Pisa e La Casa della Donna abbandonarono l’esperienza [vedi sotto il documento di alcune associazioni contrarie alla nuova normativa sulla gestione del patrimonio del Comune d Pisa].
La “Leopolda”, per soddisfare le nuove esigenze economiche, è stata negli ultimi anni soprattutto spazio espositivo, allontanandosi dal progetto iniziale.
La proposta della attuale Amministrazione Comunale di utilizzare lo spazio della ex stazione per un mercato coperto ha il merito di aprire un dibattito sul destino della “Leopolda”. Legambiente Pisa crede che questo non possa essere un ennesimo luogo dedicato al commercio. Non si tratta di essere aprioristicamente contrari: in Italia e in Europa troviamo mercati coperti di piacevole frequentazione, discreta utilità e apprezzabile qualità architettonica. Ma non è il nostro caso. Il valore storico dell’ambiente, il percorso fatto per proporre e progettare la “Casa della Città Leopolda”, le necessità della nostra città impongono altre scelte, attente alla socialità, l’aggregazione, la partecipazione, la cultura. Se è possibile che si trovino anche spazi dedicati alla vendita, che questi siano organicamente inseriti in attività coerenti con il progetto iniziale, adeguandolo a nuove idee e necessità. Il valore del “cosa si fa” dipende dal “perché si fa” e in che contesto si fa.
Le associazioni non sono un business
Chiediamo una modifica del Regolamento comunale sugli spazi
In una fase di grave crisi economica, caratterizzata da tagli selvaggi al welfare e dal graduale peggioramento delle condizioni di vita di fasce sociali sempre più ampie, le difficoltà di chi lavora per tutelare i diritti e garantire l’integrazione sociale e l’accesso alla cultura sono sotto gli occhi di tutti. Oggi più che mai sarebbe da attendersi dalle amministrazioni un impegno speciale per favorire l’autonoma esistenza e la crescita di un tessuto associativo-culturale che assolve spesso a funzioni che gli Enti pubblici non riescono ad assolvere e che è garanzia di coesione e di solidarietà sociale.
Purtroppo le scelte compiute negli ultimi anni dal Comune di Pisa sembrano andare in altar direzione, ovvero sembrano voler decretare la fine di ogni iniziativa autonoma che nasca dal basso, rendendone di fatto impossibile la sopravvivenza. In tale direzione va la modifica dell’art. 15, comma 3, del luglio scorso, del Regolamento comunale per la gestione del patrimonio, che ha rivisto il tetto della riduzione massima del canone di affitto per gli immobili destinati ad uso sociale, portandolo al 50% del valore di mercato, tra i più elevati in Italia. In altre città infatti le agevolazioni raggiungono quote tra il 90% e il 99% dei prezzi di mercato. A Pisa invece si persegue la “redditività” del patrimonio, ignorando le istanze dei vari soggetti sociali che in tanti, in questi mesi, hanno ricevuto richieste formali di arretrati per affitto, o altro, dell’ordine di migliaia e migliaia di euro, cifre insostenibili per i più, che di fatto ne decretano la cessazione.
L’Amministrazione promette di “compensare” gli elevati affitti sanciti dal regolamento con l’erogazione di contributi pubblici: qui sta il vero punto critico del nuovo modello di rapporto tra Amministrazione e associazioni che si intende imporre. Infatti i contributi non verranno erogati in base a criteri di presenza storica in città, né di utilità e validità delle attività. I contributi saranno diretti solo per quelle associazioni che verranno ritenute in linea con il Programma politico dell’Amministrazione stessa. Si verrà a instaurare un doppio legame tra Potere e Associazioni che renderà impossibile l’autonomia di queste ultime.
Si tratta di una logica miope e antistorica contraria a tutti gli orientamenti normativi europei ed anche regionali che favoriscono e sempre di più prevedono la partecipazione dei cittadini alla vita ed alle scelte politiche locali quale garanzia di un mantenimento della democrazia (oggi fortemente messa in crisi dalla crescente delegittimazione e sfiducia nelle istituzioni da parte dei cittadini) e che vedono nella crescita del livello culturale dal basso l’unico argine alla dilagante ignoranza e alla conseguente crisi di idee del nostro Paese. Certo in questi orientamenti e in queste norme non si parla di cittadini “in linea” con il Programma politico dell’amministrazione.
Non abbiamo intenzione di cadere nella logica della “guerra tra poveri”. Esiste un preciso dovere da parte delle istituzioni di sostenere e supportare in modo concreto, senza pretese di controllo “politico”, l’associazionismo. Il patrimonio immobiliare comunale è un bene comune di tutti e deve costituire un polmone a disposizione del tessuto associativo cittadino, da gestire con sensibilità e trasparenza.
L’applicazione del regolamento è un esempio di una politica ostile allo sviluppo della partecipazione e della libera associazione popolare: l’alternativa per le associazioni sarà quella di trasformarsi in soggetti imprenditoriali per potersi procurare il denaro necessario a pagare uno spazio in cui vivere. Per evitare questa deriva verso una chiusura senza precedenti invitiamo le istituzioni e in particolare l’Amministrazione comunale a rimettere in discussione le proprie decisioni. Questa vicenda riguarda la qualità della democrazia di questa città: chiediamo a tutte le associazioni, forze politiche e sindacali di impegnarsi per ottenere un deciso cambio di rotta da parte dell’Amministrazione comunale a partire da una modifica radicale del Regolamento in grado di alleviare il peso che grava sul mondo associativo-culturale cittadino.
Primi firmatari
Progetto Rebeldía
Legambiente Pisa
Arciragazzi Comitato di Pisa
Circolo culturale Biblioteca Franco Serantini
Associazione Amici della Biblioteca Franco Serantini
Unione Inquilini
Circolo Agorà
Wwf Toscana
Partito della Rifondazione comunista
Uaar
Associazione Aut Aut
ArciLesbica
Sinistra Ecologia e Libertà
Lista studentesca Sinistra Per…
Emporio Equo Solidale Cooperativa sociale Onlus – Marina di Pisa