Una proposta che viene da più parti, ma che deve essere specificata per evitare che sia soltanto un modo per aiutarli né a casa nostra né a casa loro
L’editoriale di Giovanni De Mauro sul settimanale L’Internazionale (14-20 luglio 2017, n.1213) indica con quali azioni si potrebbero aiutare i migranti “a casa loro”.
Riportiamo il testo
«…. Perché se si fanno 2 conti, come gli ha fatti Ilda Curti, esperta di relazioni internazionali e in passato assessore a Torino, si capisce subito che “aiutarli a casa loro” comporterebbe costi, non solo economici, di gran lunga superiori ad “accoglierli a casa nostra”. Bisognerebbe smettere di vendere armi e tecnologie militari ai regimi autoritari (l’Italia è l’ottavo paese al mondo per esportazioni di armi); sospendere ogni forma di sostegno economico ai governi corrotti; interrompere lo sfruttamento delle regioni da cui proviene gran parte delle materie prime di cui hanno bisogno le nostre industrie; affrontare e combattere seriamente il cambiamento climatico; investire in scuole, ospedali, sviluppo locale, infrastrutture, tecnologia, energia rinnovabile, reti di mobilità sostenibile; combattere l’economia dello sfruttamento, quella che ci fa trovare i pomodori a un euro al chilo nei supermenrcati; aprire canali umanitari che tolgano ossigeno a trafficanti e mafie; riformare e dare autorevolezza alle istituzioni internazionali, cedendo tutti un po’ di sovranità nazionale. E molto altro ancora, con l’obiettivo di combattere le disuguaglinanze globali e pronti a rinunciare a parte dei privilegi dell’essere nati casualmente da questa parte del mondo. Ecco, per aiutarli davvero “a casa loro” bisognerebbe fare tutto questo. Ma è chiaro che nessun leader europeo ha realmente intenzione di farlo. Perché vorrebbe dire fare la rivoluzione.»