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Sommario:

  1. Editoriale
  2. Di cosa parlano i media ?
  3. Intervista a Ermete Realacci
  4. Incontro con Giulietto Chiesa
  5. La campagna Mal’Aria 2002
  6. Energie alternative e risparmio energetico
  7. Campo di volontariato a Cuba
  8. Clima e povertà
  9. Gli OGM e il comune di Pisa
  10. La campagna “Banche armate”
  11. Il progetto Bicimobile
  12. L’albero Pazzo

Guerra per sempre?
Incontro con Giulietto Chiesa

a cura di

Marcello Cella

Quello che segue è il resoconto parziale dell’incontro pubblico che il giornalista Giulietto Chiesa ha effettuato il 21 marzo scorso presso il Circolo Agorà di Pisa.

Sistema della comunicazione e democrazia

Nessuno ha il quadro di quello che sta accadendo. Perché? Perché noi viviamo in un sistema della comunicazione, e non solo dell’informazione, che non ci restituisce neanche lontanamente il mondo in cui viviamo, anzi ci offre un mondo totalmente falsato impedendoci di vedere che cosa accade. Facciamo qualche esempio. Noi in questo ultimo mese abbiamo saputo tutto del delitto di Cogne, della mamma che forse ha ucciso il suo bambino che è stato il titolo centrale di tutti i giornali, di tutti i telegiornali, di tutte le trasmissioni di evasione. Quell’incredibile personaggio che corrisponde al nome di Bruno Vespa ci ha fatto quattro o cinque trasmissioni intere. Ma se vogliamo un caso ancora più clamoroso del fatto che l’intero sistema della comunicazione è organizzato per prenderci per i fondelli eccolo. Tutti i giornali italiani, tutti i più importanti ma anche i meno importanti, Repubblica, Stampa, Corriere della sera, TG1, Tg2, TG3, TG4, TG5, TG6 e TG7 a metà novembre quando i tagiki sono arrivati a Kabul e l’hanno presa ci hanno raccontato che le donne afghane si erano tolte il burka e gli uomini si erano tagliati la barba. Ora, come è noto, queste notizie sono false, ma non false così. Anch’io sono un giornalista e anche a me è capitato di sbagliare una notizia, di arrivare tardi, di dare un’interpretazione sbagliata, ma succede un giorno e succede ad una persona, ma è possibile che tutti i giornali e tutti i più importanti mezzi di comunicazione di massa ci hanno raccontato per una settimana intera due notizie false, completamente false? E’ un errore? Non è possibile che sia un errore. I direttori di tutti i giornali e di tutti i telegiornali hanno mobilitato i migliori editorialisti per raccontarci queste due balle per una settimana intera. Casuale? Non è casuale. E’ solo l’esempio più clamoroso che l’intero sistema della comunicazione ci sta prendendo per i fondelli. Qualcuno dirà che è sempre stato così. Io invece dico che non è sempre stato così. Quello che sta accadendo oggi in questo campo è molto, molto diverso dal passato. Voglio dire che noi stiamo vivendo un’epoca storica nuova, siamo di fronte ad uno snodo della storia. Non succede sempre. Spesso accade che per lunghi periodi non ci sono grandi cambiamenti strutturali. Noi siamo dentro un grande cambiamento strutturale. Ed è molto importante capire che siamo dentro questo cambiamento dove la comunicazione decide quasi tutto. E’ molto importante perché o lo capiamo e allora potremo difenderci, o non lo capiamo e allora saremo sconfitti. E quindi siccome il processo avviene in fretta dovremo capirlo in fretta. Il tema della comunicazione e della democrazia nella comunicazione è diventato essenziale per qualsiasi battaglia di difesa democratica di questo paese. O noi siamo capaci di affrontarlo oppure perderemo la democrazia. Perché meno informazione significa meno democrazia. Non ci può essere un paese democratico in cui l’informazione non è corretta. E quindi ci stanno portando via la democrazia.

L’11 settembre e la fine della sovranità nazionale

Per quanto riguarda l’11 di settembre si potrebbe dire così: noi la verità sull’11 settembre non la sapremo mai, non la sapremo nei prossimi cento anni, e qui ha ragione Noam Chomsky, ma già adesso questa sera, 21 di marzo, possiamo dire con assoluta tranquillità che la versione che ci hanno dato è falsa. Questo lo si può già dire adesso. Lo si può dimostrare. Ho raccolto tutte le informazioni che potevo raccogliere, le ho messe insieme, le ho analizzate il più possibile freddamente, oggettivamente e sono arrivato alla conclusione che l’11 di settembre ha delle cause e delle origini molto, molto diverse da quelle che noi conosciamo, da quelle che voi conoscete e che il nemico non è Osama Bin Laden, anche se Osama Bin Laden ha partecipato all’operazione, ma non da solo, non da una grotta afghana, non come protagonista ma come comprimario, e che il nemico non è l’Islam ma un altro nemico e non ci è stato nemmeno spiegato perché. Ci è stato soltanto detto che comincia una guerra che continuerà per un’intera generazione, l’ha detto Cheney, l’ha detto Rumsfield, l’ha detto anche George Bush. E quando io sento questa frase dico ‘ma che diavolo, gli ha dato di volta il cervello?’. Ci stanno dicendo che tutti noi moriremo in tempo di guerra o moriremo in guerra. E’ possibile che gli sia sfuggito? Non gli è sfuggito. All’inizio di questa guerra l’avevano definita "Giustizia infinita". Badate bene, gli attributi infiniti sono soltanto di Dio. Questa gente pensa di essere investita di una missione eterna. Non è stato un errore, è stato un lapsus. Ma dicono di peggio, "questa guerra durerà un’intera generazione". E perché mai? Con chi? Contro chi? Che cosa hanno in testa? A che cosa si stanno preparando? Siccome non credo che siano né matti, né ubriachi devo dedurre che stanno dicendo delle cose serie. Poi vedo come si comportano, vedo il Presidente degli Stati Uniti, che d’ora in poi chiamerò imperatore, che alla metà di novembre emette un decreto in cui si dice sostanzialmente questo, cito praticamente a memoria: "Il Presidente degli Stati Uniti d’America sulla base delle informazioni che avrà ricevuto dai suoi servizi segreti istituisce tribunali militari speciali segreti che potranno giudicare, senza l’obbligo di manifestare e di esporre le prove, cittadini stranieri che saranno presi non importa dove, anche fuori degli Stati Uniti, e saranno processati, non importa dove, anche fuori degli Stati Uniti, senza neppure il diritto di scegliersi l’avvocato difensore e potranno essere condannati senza appello alla pena di morte con il voto di due giudici su tre". Io leggo i giornali americani e rifletto. Che cosa ha in testa l’imperatore quando emana un decreto di questo genere che significa puramente e semplicemente che è finita ogni legge internazionale che non sia quella dell’imperatore? Significa che è finita la sovranità nostra, la sovranità dell’Italia, della Francia, della Germania, del Pakistan, dell’Iraq, non importa di chi, è finita la sovranità.

Il nemico cinese

Se qualcuno ha dei dubbi sul fatto che laggiù a Washington stanno facendo sul serio se li tolga. Stanno facendo sul serio. E vanno alla guerra. Ora voglio esporvi il quadro che io vedo in modo assolutamente trasparente senza possibilità di dubbi, e non ho trovato finora nessuno che può smentire tutta questa interpretazione. Ma chi è il nemico? Alla fine del 2000 è uscito un documento del Pentagono che aveva una firma molto importante, quella di Donald Rumsfield. Donald Rumsfield nel 2000 non era ancora ministro della difesa, ma alla fine del 2000 il Pentagono diceva che nel 2017 il nemico principale degli Stati Uniti sarà la Cina. Qualcuno può chiedersi, ‘perché il 2017?’ Viene fuori dai calcoli. Basta mettere nel computer, come sicuramente hanno fatto gli analisti del Pentagono, i dati demografici, economici, tecnologici, e militari della Cina per capire che se la Cina continua a crescere con i ritmi attuali del 5-6-7% del prodotto interno lordo al 2017 la Cina sarà un paese che consuma tanto quanto, troppo, gli USA. Perché da qui ad allora un miliardo e 250 milioni di cinesi cominceranno a mangiare tanto pane quanto ne mangiamo noi e a bere tanta acqua quanta ne beviamo noi, e ad avere tante automobili quante ne abbiamo noi, a consumare tanta benzina quanta ne consumiamo noi. Già oggi c’è sul pianeta un solo paese, e non ce ne sono più altri, che possa prendere decisioni senza chiedere il permesso degli USA e del suo presidente, e questo paese si chiama Cina. Io non esprimo giudizi sulla Cina, mi sto limitando a dire come stanno le cose. E se le cose stanno così, da qui al 2017 chi è che deciderà quanta roba deve consumare la Cina e se può consumare tanta roba come noi?

La guerra dei ricchi

C’è un’immensa tensione sociale nel mondo che si va acuendo tra ricchi e poveri, il numero dei ricchi diventa sempre minore, i ricchi diventano sempre più ricchi e i poveri diventano sempre più poveri. E questo è il primo elastico, un elastico terribile che si è teso in questi venti anni oltre misura. La differenza fra il quintile più ricco e quello più povero del mondo si è moltiplicata di quattro volte e mezzo negli ultimi venti anni. Il quintile vuol dire il 20% dei più ricchi e l’altro quintile il 20% dei più poveri. Quattro volte e mezzo in venti anni. Cioè tutta questa globalizzazione ha prodotto una mostruosa accumulazione di ricchezza nelle mani di pochissime persone. Questo però è solo un pezzo del problema. Ce ne è uno più importante, molto più importante. E’ che noi oggi siamo arrivati ai limiti dello sviluppo e anche questo non era mai accaduto, pensateci bene un istante. Noi abbiamo avuto un secolo e mezzo di sviluppo capitalistico e anche non capitalistico; in ogni caso l’umanità si è sviluppata in tutto questo secolo secondo criteri che ci sono noti, che sono la nostra vita quotidiana. Ma non era mai accaduto prima nella storia dell’umanità che gli uomini modificassero l’ambiente. Noi siamo arrivati esattamente a questo punto, siamo lì. Il limite, il tetto di questo nostro sviluppo sta sopra la nostra testa, se ci alziamo un pochino tocchiamo il soffitto. Già adesso in Occidente, in tutto il nostro Occidente siamo costretti a chiudere le nostre città perché non respiriamo più, già ora mentre io sto parlando un miliardo di uomini non ha acqua sufficiente da bere. Già ora. Fra dieci anni le proiezioni ci dicono che saliranno a due miliardi e mezzo gli uomini che non hanno acqua a sufficienza da bere. Già ora ci sono problemi per l’alimentazione di sei miliardi di abitanti. Già ora. E che succede se sulla scena dei consumi arriva un miliardo e 250 milioni di persone che vorranno consumare come noi? E come potremo dirgli di no? Sulla base di quale criterio? E con quale forza diremo loro che non hanno diritto? E gli altri tre miliardi di persone che vivono con un dollaro al giorno e crepano di fame? E ai milioni di bambini che muoiono di fame che cosa diremo? Che non hanno diritto? E come glielo spiegheremo che non hanno diritto? E quale sarà il presidente degli Stati Uniti che si alzerà un giorno alla mattina e che, di fronte a queste cifre che ho io, ma che ha anche lui, dirà ai 250 milioni di americani: ‘cari concittadini noi non possiamo più andare avanti così. Noi dobbiamo cambiare questo sistema di vita, dobbiamo concordare con il resto del mondo come sopravvivere, dobbiamo decidere insieme il livello di consumo, la qualità della nostra vita"? Ciò presuppone, come voi capite, mettersi intorno ad un tavolo seduti tutti insieme, i rappresentanti dell’Occidente, dell’Europa, dell’America, della Cina, dell’India, del mondo arabo, tutti insieme, tirando fuori le pistole dalle tasche e mettendole sul tavolo, discutere alla pari, civilmente su come vivere, su come salvare il pianeta, su come evitare di compromettere i nostri ghiacciai, le nostre sorgenti, e ragionare sul futuro dei nostri figli, delle nostre generazioni future. Questa è un’opzione. Qual è l’altra opzione possibile? L’altra opzione possibile è la guerra. Molto semplicemente. Ecco perché noi stiamo andando in guerra. Stiamo andando in guerra perché il gruppo dirigente degli Stati Uniti e dell’Occidente non è capace di dire la verità sul mondo; questi uomini non sono né attrezzati culturalmente, né lo vogliono fare e forse non lo possono neanche fare perché se un presidente degli Stati uniti si alzasse un giorno e dicesse questa cosa lo ammazzerebbero subito. Perché ci sono poteri molto più forti che sono interessati semplicemente e puramente ad andare avanti così, perché non c’è una cultura alternativa diffusa, trovate tutte le spiegazioni che volete. La sostanza è che non si tratta solo di uno scontro fra ricchi e poveri del mondo, è uno scontro assolutamente inedito che prima non c’è mai stato e che non può essere misurato sulla base delle vecchie teorie sull’imperialismo, ma semmai su quella della pura e semplice sopravvivenza dell’uomo. Voi capite quindi che siamo ad uno snodo che non è chiaro, ma è solo questo snodo che ci spiega perché il presidente degli Stati Uniti ci dice che noi stiamo entrando in una guerra lunga che durerà una intera generazione e forse più. E’ la guerra dei ricchi contro tutti gli altri. Ci vogliono trascinare in questa guerra e io vi chiedo, mi chiedo in queste settimane, ‘cosa possiamo fare per non andarci in questa guerra?’, perché io non vorrei morire arrostito. Anche perché non sono mica così convinto che la vinciamo questa guerra, una guerra che presuppone lo sterminio di molte centinaia di milioni di uomini, non di qualche decina.

L’opposizione alla guerra (nucleare) infinita

Io non vado in giro a vendere speranze. Chi vende speranze in questo momento è un imbonitore di pessima qualità che o non sa le cose o vende speranze inesistenti. Noi di speranza ne abbiamo una sola, quella di organizzarci per impedire che questa guerra vada avanti. E’ molto difficile, anche perché abbiamo poco tempo a disposizione. La guerra contro l’Iraq avverrà entro quest’anno e il resto delle guerre andrà avanti in modo asimmetrico, ma ce ne saranno di grandi. Dopo l’Iraq arriva l’Iran. E’ indispensabile, l’America deve far fuori tutti gli avversari intermedi, tutti prima di affrontare la Cina. La Cina può anche essere un avversario contro cui non si combatte perché sarà messa in condizione di assoluta minorità se questo progetto funziona, ma gli altri nemici intermedi dovranno essere abbattuti, così come saranno abbattuti l’Iran e l’Iraq. Non scherza il signor Bush quando parla dell’asse del male, li ha indicati. E poi c’è la nuova dottrina nucleare dell’America in cui si dice apertamente che le bombe atomiche saranno utilizzate come armi convenzionali. Ce lo hanno detto a marzo del 2002 e quando nel corso del 2002 vedremo scoppiare le prime bombe atomiche sull’Iraq capiremo che non stavano scherzando. Si va alla guerra nucleare contro l’Iraq perché per uccidere Saddam Hussain ci vorranno le bombe atomiche. Questo è il punto, quindi le speranze sono poche. Però la possibilità di fermare questa guerra c’è. In Italia c’è un grande movimento che non vuole questa guerra. In Italia il 93% dei deputati, inclusi quelli della sinistra, hanno votato per la guerra afghana, ma tutto quello che io so e che vedo è che c’è una parte grande della popolazione che questa guerra non la vuole. Quindi abbiamo questo grande buco rappresentativo per la prima volta dal dopoguerra. Questo parlamento non rappresenta metà dell’Italia. E quindi noi abbiamo il problema di dimostrare che noi non siamo rappresentati dal 93% dei deputati ‘bulgari’ che hanno votato per la guerra. Bisogna cominciare da lì, bisogna cominciare ad organizzarci per il futuro chiedendo a tutti i rappresentanti italiani dovunque saranno eletti, in qualsiasi posizione, dal consiglio di quartiere fino al Parlamento italiano e poi fino al Parlamento europeo, di dirci prima che cosa andranno a fare. E lo dovranno firmare pubblicamente perché contro tutti quelli che diranno di essere per la guerra noi dovremo combattere, legalmente naturalmente, ma con tutte le forze a disposizione. E dovremo appoggiare tutti quelli che si impegneranno a non fare la guerra. Credo che la questione della guerra e della pace sia cruciale e che sia da lì che noi dobbiamo iniziare ad organizzarci per difenderci perché questo è il primo compito che io vedo per me e anche per voi.

La fine del disarmo: il ruolo della Cina e della Russia

Primo protagonista, la Cina. I cinesi si stanno riarmando e lo stanno facendo con un ritmo intensissimo. Il che vuol dire che costruiranno centinaia di nuovi missili, centinaia di nuove testate nucleari e hanno in mano le tecnologie per farlo, e fra dieci anni ce ne avranno di molto raffinate perché si stanno sviluppando a grande velocità e hanno i capitali. Quindi stiamo assistendo di fatto alla corsa al riarmo che apre una fase completamente nuova. Credevamo che fosse finita e invece riprende velocissimamente. Secondo protagonista, la Russia, e Putin. Io la guerra afgana la definisco così, una nuova grande Yalta asiatica dalla quale gli americani sono usciti portando via letteralmente alla Russia cinque repubbliche ex sovietiche. Usciamo dalla guerra afgana con una base fondamentale, una base chiave per la strategia futura degli USA in Kirghizia. La base in Kirghizia servirà essenzialmente a preparare il disturbo elettronico sulla Cina. Poi ci sono due basi militari colossali in Uzbechistan che serviranno a controllare tutta l’Asia centrale. Una base, forse due, in Turkmenistan, di cui non si sa nulla, segreto assoluto; io ho cercato di andarci ma mi hanno rifiutato il visto quindi non posso dire nulla. Allo stesso tempo, altre due repubbliche ex sovietiche sono passate direttamente sotto il controllo degli USA, e cioè l’Azerbajgian, con il Mar Caspio, e la Georgia, dove gli americani per la prima volta mandano le loro truppe e armeranno un esercito di 1200 uomini georgiani per combattere ai confini con la Russia. Questa era la grande guerra contro il terrorismo. Non era cominciata così? Ora il risultato è che l’Asia centrale è tutt’altra cosa. (…) In queste condizioni la pace in Afghanistan non ci sarà. I russi hanno ingoiato, Putin ha ingoiato, non grida neanche lui, in questo senso è saggio, ma il silenzio non deve essere interpretato come acquiescenza, perché non lo è. Alla metà di dicembre Putin ha varato il sommergibile Ghepard, il più moderno sommergibile nucleare che sia mai stato inventato. Le stesse fonti americane hanno scritto che questa è un’innovazione assoluta perché pare che abbia un motore ultrasilenzioso. Il che significa che questo sottomarino nucleare, che sarà armato con almeno 120 missili a testata multipla diventa una pericolosissima arma strategica. E’ la prima volta dalla fine dell’Unione Sovietica che la Russia vara un sommergibile nucleare, un anno dopo la fine del Kursk.

L’abbandono dei continenti poveri

Per quanto riguarda gli altri partner del mondo non credo che siano importanti in questo momento, la partita si gioca dove ho detto. L’Africa tutta intera comprende un miliardo di abitanti con 22-23 guerre attualmente in atto. Al più avremo qualche aumento di sbarchi di migranti sulle nostre spiagge. Quindi non credo che conterà. E poi nella mia idea di quello che sta accadendo, della tappa intermedia nella quale ci troviamo, io penso che la supersocietà globale che si sta creando non abbia bisogno dei piccoli continenti. Il resto del mondo vivrà emarginato, non interessa, anche ad una parte di noi non interessa. Noi siamo dei consumatori di energia vitale e quindi come tali milioni e milioni di uomini saranno superflui nelle società del futuro. Non è obbligatorio che occorra tanta produzione, tanta forza lavoro. Ci saranno le tecnologie che si svilupperanno, che andranno avanti, quindi non credo che il resto del mondo sia importante. Il resto del mondo sarà lasciato più o meno al suo destino e se 250 milioni di americani e gli altri 600 milioni di ricchi che popolano questo pianeta avranno bisogno di consumare quello che consumano adesso, il resto del mondo dovrà consumare molto meno, cioè morire. Molti dovranno morire, già stanno morendo, che novità! Secondo i dati delle Nazioni Unite si era deciso che bisognava ridurre il numero dei morti di fame entro il 2015, invece sono già passati sei anni dall’inizio del programma e il numero dei morti di fame aumenta. Sono più di ottocento milioni le persone sottonutrite già adesso e vivono in condizioni di pericolo di vita perchè mangiano poco e male. Il resto del mondo è fuori combattimento in questa prospettiva, in questo disegno.

L’11 settembre e la recessione in America

Tutta questa cosa dell’11 settembre è stata una grande operazione politica. Perché gli americani si preparavano al grande scontro, ma un po’ più in là nel tempo ed è successo un imprevisto. E l’imprevisto è che l’America si è fermata. L’America si è fermata. Per vent’anni ci hanno raccontato che il modello americano era il migliore, che la locomotiva americana dominava il mondo, che non c’era altro da fare che imitare l’America, e ce lo dicono anche adesso. Ma è successo un incidente, l’America si è fermata. Ci hanno comunicato alla metà di novembre del 2001 che l’America era entrata ufficialmente in recessione e novembre, come è noto, viene dopo settembre, ma nel mentre ci hanno comunicato questa bella notizia ci hanno anche detto che lo sapevano da aprile 2001, e aprile viene prima dell’11 di settembre. E quando ho letto questa notizia io ho pensato, ‘perbacco, otto mesi di tempo per dare al mondo la notizia più importante dell’ultimo decennio!’. Non vi sembra strano? A me sembra molto strano. E poi mi sono chiesto, ‘quegli otto signori che si sono riuniti a Genova per fare il G8 lo sapevano che l’America era ferma o non lo sapevano?’. Perché in entrambi i casi la risposta è inquietante. Perché se lo sapevano ci hanno raccontato un sacco di palle, si sono riuniti sapendo che l’America era in recessione e non ce lo hanno detto, oppure non lo sapevano e allora è molto serio perché vuol dire che questi otto signori che fanno parte del direttorio del mondo non hanno le informazioni del mondo. E se poi ci mettiamo anche il fatto che in questi mesi da aprile a novembre c’è stato il crollo verticale della più importante agenzia energetica del mondo, il settimo colosso del mondo in assoluto e il primo colosso energetico del mondo, la Enron Corporation che cosa dobbiamo pnesare? In un colpo solo 40.000 persone gettate sul lastrico, un’impresa dilapidata, duemila miliardi di dollari spariti, rubati da un gruppo di persone, il cui capo si chiamava Kenneth Lay ed era intimo amico di George Bush ed aveva finanziato integralmente la campagna elettorale di George Bush, di Dick Cheney e dello stesso ministro della difesa, Donald Rumsfield. Non vi sembra strano tutto questo? Ci sono troppe coincidenze, troppe per pensare che l’11 settembre sia capitato così. Dietro c’è una grande operazione. Era finita l’epoca del grande nemico russo, l’Unione Sovietica è sparita da dieci anni, la globalizzazione si è fermata, e chi l’ha fermata, è stato qualcuno? No, si è fermata da sola. Loro si erano convinti che avrebbe proceduto intatta per l’eternità, non ci avevano forse spiegato che era finita la storia, che non ci sarebbero più state crisi cicliche? Improvvisamente si ferma la macchina americana. Allora bisogna creare un diversivo, bisogna creare qualcosa che accada prima per spiegare che bisogna militarizzarsi velocemente per affrontare la grande tappa successiva. Bisogna creare un grande nemico e questo nemico intermedio si è chiamato Islam. Ma è solo un nemico intermedio, l’Islam non è il vero nemico di questa operazione. Il vero nemico è quello che ho già detto prima e quindi ritorno al punto da cui sono partito. Il sistema informativo lavora per fornirci una versione dei fatti che non corrisponde neanche lontanamente alla verità delle cose e quindi ci impedisce letteralmente di capire quello che accade, a noi e a tutti i milioni di uomini che si emozionano e soffrono.

Il sistema informativo e la guerra all’Iraq

Come si può giustificare un attacco nucleare all’Iraq? Intanto da qui all’inizio della guerra irachena dobbiamo aspettarci qualcosa di molto grave, un altro attentato, un’altra operazione diversiva, la prova che Saddam Hussain ha le armi nucleari, la prova che Saddam Hussain ha le armi biologiche. E’ già in corso la preparazione dell’opinione pubblica internazionale. Voi sapete che è già stato istituito in America recentemente quello che chiamano l’Ufficio per l’informazione e la disinformazione, quello che in inglese chiamano Department of Strategic Influence. Prima questi uffici non c’erano e per la prima volta nella storia degli Stati Uniti di queste cose si occupa direttamente il Pentagono. Prima non è che non ci fosse, ma se ne occupava il Dipartimento di Stato. Adesso se ne occupa direttamente il Pentagono. E’ ovvio che dal Pentagono usciranno una serie di materiali che immediatamente l’intero sistema mediatico mondiale si occuperà di diffondere, e quindi ci sarà una preparazione degli animi, come dicono loro, e si prepareranno dicendo delle cose, molte delle quali saranno false come è ovvio. Informazione e disinformazione. Del resto lo sappiamo, la guerra in Vietnam cominciò con un fatto che non esisteva, l’accusa ai vietnamiti di aver attaccato le navi americane nel Golfo del Tonchino, poi si scoprì che non c’era stato nessun attacco e si potrebbero fare decine di altri esempi. Quindi così si organizza una guerra e così si motiverà il bombardamento nucleare perché, per esempio, Saddam Hussain sta organizzando un attacco contro Israele. Magari si può anche far partire qualche missile contro Israele, qualche centinaio di morti in una città israeliana possono essere utili allo scopo. Quindi è a questo che ci dobbiamo preparare. Del resto in Italia non stiamo vivendo la stessa cosa? Stessa logica.

Opposizione alla guerra e difesa della Costituzione

La prospettiva è meno nera di quella che noi potessimo immaginare perché questa crisi sta producendo una trasversalità di tutto intero l’arco democratico, dove forse è meglio parlare meno di socialismo e più di democrazia perché ci unisce di più, perché è il vero tema che è davanti a noi, la difesa della democrazia, la difesa della Costituzione. Perchè nella Costituzione c’è scritto tutto, c’è scritto che noi non vogliamo la guerra, è scritto nella legge fondamentale dello Stato. Più chiaro di così non si può. Noi non crediamo che sia possibile risolvere le controversie internazionali attraverso la guerra. Quanta gente c’è che è disposta a combattere per questo? Un sacco. Partiamo da lì.

La società civile americana

Per quanto riguarda gli Stati Uniti, è molto difficile che si possa immaginare la reazione alla guerra di una massa critica per una ragione sulla quale dovremo riflettere molto. Perché, vedete, anche qui l’America ci è stata presentata in questi anni come il modello della democrazia. Ma lo è? No, l’America non è più il modello della democrazia occidentale. Se dovessimo guardare bene in profondità dovremmo dire che l’Europa è molto più avanti dell’America, che il sistema elettorale americano, che noi abbiamo scopiazzato con il maggioritario, è un sistema molto poco democratico, che con un sistema come quello spariscono le differenze e tutti vanno al centro e non si capisce più che differenza c’è, per cui metà della popolazione non va a votare. Quella americana è una società civile molto elementare, molto rozza. Il livello di formazione democratica del cittadino americano è molto basso. Io non sono anti-americano, sia chiaro, io ho vissuto un anno negli Stati Uniti, ho lavorato, ho studiato, ho visto. Quella americana è una straordinaria e dinamica società, ma misuro le cose e la nostra società è di gran lunga più articolata e civile della loro, a parte il fatto che noi non abbiamo la pena di morte e loro ce l’hanno, e non è una cosa da poco. Il fatto è che noi viviamo in un mondo informativo in cui una grande percentuale degli articoli che compaiono sulle pagine dei nostri giornali sono impegnati ad esaltare la democrazia americana. Non sia mai che qualcuno dica quello che io sto dicendo questa sera perché verrebbe fatto a pezzi. (…) Quando il Presidente degli Stati Uniti dieci giorni dopo l’11 settembre ha fatto la trasmissione a reti unificate e non ha trovato niente di meglio da dire ai suoi concittadini che questa frase, "tornate a fare shopping", a me è venuto un brivido. Perché, come sarebbe a dire? Il Presidente degli Stati Uniti parla a 250 milioni di americani e non sa dirgli altro che "andate a fare shopping"!? E poi dopo due giorni vediamo le code dei cittadini americani che si alzano alle sei del mattino per andare nei grandi magazzini a comprare i saldi prima che comincino le vendite. Noi siamo di fronte ad una società profondamente malata, e qualcuno l’ha anche detto, questa è la verità. Anzi, se è vero quello che ci dicono, che l’America ci anticipa sempre di vent’anni, se guardiamo in quello specchio rischiamo di vederci anche noi, se seguiamo quel modello di sviluppo. E forse anche i cinesi si vedono in quello specchio. Perchè l’idea è che bisogna consumare sempre di più, che bisogna sprecare sempre di più, divertirsi sempre di più, e così via in una specie di coazione a ripetere, ma la coazione è una malattia mentale. E io ho l’impressione che gli americani siano arrivati ad un elevato livello di lobotomizzazione. Mezzo cervello andato, mezzo cervello solo per il consumo. Ed è così, basta vederli nelle città. Le loro città ormai sono costruite in funzione dei mall. Non si va più a fare la passeggiata, si va nel mall a comprare. Si passeggia dentro i grandi magazzini. Anche in Italia, anche in Francia, è vero, il modello americano sta dilatandosi, moltiplicandosi dappertutto. Quello che mi sto domandando è se sia un buon modello o un cattivo modello alla luce delle cose che abbiamo detto prima. Quindi non credo che sia possibile aspettarsi una risposta popolare di massa a questo modello di sviluppo che cerchi di lavorare per la pace, è molto difficile. Significa fra l’altro dire loro una cosa molto grave perché chi è colpito dal virus del consumo, chi è stato trasformato da cittadino in consumatore trova molto difficile che gli si spieghino certe cose. Se in questi dieci anni, come è stato detto, gli americani si sono arricchiti dormendo come gli si può spiegare che ora devono smettere? E’ difficile, per loro sarà più difficile che per noi, per altri sarà un po’ meno difficile. E’ una scala di difficoltà diverse. E’ stato detto giustamente, e le cifre lo confermano, che gli USA sono l’unico paese del mondo in cui non c’è più risparmio e la gente spende più di quello che produce. E’ una situazione assolutamente anomala. Il debito degli Stati Uniti equivale a circa dodicimila miliardi di dollari e continua a crescere al ritmo di dodici-quindici miliardi di dollari al mese, anche adesso. Come si può pensare di vivere in una condizione di pace in un mondo dove c’è un paese di 250 milioni di abitanti che da solo consuma un terzo delle risorse del mondo e sporca le risorse del pianeta per quasi un quarto? Non è pensabile. Questa è già una prova della sua anormalità. E questo ci viene indicato come l’esempio che noi dovremmo ripetere, riprodurre e duplicare, una vera follia

La supersocietà globale

La verità è che noi stiamo andando verso una supersocietà globale dove i ricchi non saranno solo americani, ma anche un po’ europei, un po’ asiatici. I ricchi del mondo vivranno chiusi nelle loro città, vigilati dalle loro polizie private perché le polizie di stato non saranno più affidabili e verranno riservate ai poveri, per sparare sui poveri, e quindi solo le polizie private tuteleranno i ricchi. Guardate che ci sono già le prove. A Johannesburg, in Sudafrica, ci sono già le città separate dei ricchi. A Mosca, dove spesso vado io, ci sono già interi quartieri fatti apposta perché ci vivano dentro solo i ricchi, grandi palazzi dove dentro c’è tutto, il campo da golf, le palestre, i negozi, le passeggiate, gli asili, le scuole, una sola uscita vigilata da guardie private e mura altissime. Questa è la raffigurazione del futuro. Le élites non avranno più bisogno di vivere in un solo paese, vivranno nel mondo nei loro luoghi deputati. Questa è l’idea che sta affermandosi nel mondo. L’idea di coloro che potranno consumare, e consumare tanto. Gli altri staranno fuori, una parte di loro servirà per i servizi e gli altri che crepino, non sono efficienti, non saranno utili, ma anzi dannosi perché consumeranno aria, acqua, cibo. Questo è più o meno quello che si sta sviluppando nel mondo.

Archivio (online o pdf):

  1. pdf L’Albero Pazzo 2
    Maggio 2002
  2. pdf L’Albero Pazzo 3 - 4
    Luglio 2002
  3. pdf L’Albero Pazzo 5
    Novembre 2002
  4. pdf L’Albero Pazzo 6
    Febbraio 2003
  5. pdf L’Albero Pazzo 7
    Aprile 2003
  6. pdf L’Albero Pazzo 8 - 9
    Luglio - Agosto 2003
  7. pdf L’Albero Pazzo 10 - 11
    Dicembre 2003
  8. pdf L’Albero Pazzo 12
    Settembre 2004