La musica ribelle
di
Marcello Cella
Un anno di vita con “L’Albero pazzo”
Al Circolo Legambiente di Pisa e nella piccola redazione de “L’Albero Pazzo” che ne è parte
integrante amiamo molto la musica e quando un anno e mezzo fa cominciammo a mettere in piedi questa minuscola iniziativa
editoriale, dopo tanto discutere su quale nome dare a questa fragile creatura cartacea, l’unico su cui alla fine
ci trovammo quasi tutti d’accordo fu preso in prestito da una canzone. Una bellissima canzone ecologista e
antiautoritaria di un raffinatissimo cantautore toscano, Andrea Chimenti, sconosciuto ai più. Come tutte le cose
della vita, probabilmente non fu un caso. “Che i bambini scendano dall’albero / e che lo sgombrino dai sogni
lasciati tra i rami!”, si legge nel testo di questa canzone. E, più avanti, “Che tutti siano concordi /
che quest’albero è la rovina / di chi esige ordine e disciplina”. Ripercorrendo la storia di questa
rivista al suo primo anno di vita mi sembrano ancora due frasi illuminanti per capire la natura della sua esistenza. Per
prima cosa “L’Albero Pazzo”, anche se ha una consistenza cartacea, è fatto della stessa materia
di cui sono fatti i sogni. Infatti questo trimestrale di ‘ambiente, solidarietà e cultura’ si propone
di raccontare il mondo locale e globale a partire dal parzialissimo punto di vista di chi lo fa in prima persona,
dell’associazione che lo sostiene, e dei suoi numerosi collaboratori. E non solo di raccontarlo, ma addirittura,
nella sua follia narcisistica, di contribuire a cambiarlo almeno un po’ attraverso la messa in circolo di idee,
informazioni e riflessioni che faticano a trovare spazio nel mercato editoriale odierno fra una pubblicità e una
televendita. Questo, nel mondo in cui viviamo, non può essere che un sogno, un’utopia. La stessa utopia, lo
stesso orizzonte, irraggiungibile dall’uomo, ma non per questo meno reale se costituisce la molla per continuare a
farlo camminare nella direzione giusta (perché su questo non abbiamo dubbi) dandogli motivazioni e dignità, di
cui parla lo scrittore argentino Eduardo Galeano, uno dei nostri ideali compagni di viaggio. Un sogno però non
sterilmente funzionale all’espressione di qualche ego malato di protagonismo, bensì vissuto in una dimensione
collettiva, associativa seppur numericamente limitata. “L’Albero Pazzo” non vuole quindi ridursi ad
una ninna nanna rassicurante per i lettori, ma ha l’ambizione di rovinare la festa quanto più è
possibile a chi “esige ordine e disciplina”, a chi, anche nella nostra città, cerca di tappare la bocca
al dissenso negando spazi per la socialità e la libera circolazione delle idee e delle culture, come dimostrano le
recenti vicende del Circolo Agorà o dello spazio occupato Rebeldìa. Questo piccolo giornale vuole continuare a
pensare, raccontare e reinventare il mondo con la sua testa, che è fatta in realtà di molti cervelli,
continuando a divertirsi e a ‘fare festa’ insieme a tanti compagni di viaggio vecchi e nuovi. Perché,
come dice la canzone di un altro grande e compianto cantautore, Ivan Graziani, “io sono fatto così, mi piace
/ dare fastidio alla gente / io sono così, mi piace / andare controcorrente / non odiarmi mai, non odiarmi mai / ma
la prudenza io non l’ho usata mai”.