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Sommario:

  1. Editoriale
  2. Il lavoro perduto
  3. Il dopoguerra
  4. Acqua chiara acqua amara
  5. Territori globali
  6. Energie
  7. Il mondo in una stanza
  8. Le Associazioni a Pisa (parte seconda)
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Placare la sete

di

Jeremy Rifkin

Le riserve d’acqua del pianeta sono minacciate dalla combinazione di siccità, eccesso di coltivazione e pascolo
Oggi, perfino le riserve d’ acqua dolce del pianeta sono minacciate dalla combinazione di siccità, eccesso di coltivazione e pascolo. In Africa orientale, le falde acquifere sono scese a profondità tali per cui nella regione si prevedono gravi carenze già a partire da questo decennio. Sorte analoga toccherà ai cinque paesi africani che si affacciano sul Mediterraneo. Le falde acquifere del Messico stanno precipitando rapidamente.

L’acqua dolce, un tempo considerata una risorsa praticamente inestinguibile, sta diventando scarsa in molte aree del pianeta. Fra il 1940 e il 1980, a livello mondiale, l’uso di acqua è raddoppiato, in gran parte per soddisfare i bisogni di una popolazione umana in rapida crescita. Il 70 per cento di tutta l’acqua consumata è destinata all’agricoltura: alla coltivazione di alimenti umani e animali. Oggi, il 15 per cento delle terre agricole nel mondo – circa 270 milioni di ettari – viene irrigato, con un consumo complessivo annuo di quasi 4000 miliardi di metri cubi d’acqua l’anno. Si prevede che fra breve il fabbisogno d’acqua per irrigazioni agricole aumenti fra il 25 e il 30 per cento. Negli Stati Uniti, soprattutto negli stati dell’Ovest, la carenza di acqua dolce è a livelli critici, con un consumo che eccede del 25 per cento la capacità di rigenerazione. Sebbene gli americani si stiano rendendo conto del problema che investe la parte occidentale del paese, sono inconsapevoli del ruolo che l’allevamento di bovini e di altro bestiame ha nell’abbassamento delle falde acquifere.

Quasi metà dell’acqua consumata negli Stati Uniti è destinata alle coltivazioni di alimenti per bovini e altro bestiame. Per produrre un chilo di carne di bovino allevato a cereali sono necessari centinaia di litri d’acqua, che servono all’irrigazione della terra su cui vengono coltivati i foraggi. L’economista Frances Morre Lappé nota che “l’acqua utilizzata per produrre cinque chilogrammi di carne bovina, equivale al consumo domestico complessivo della [mia] famiglia in un anno”. Ricorre a una metafora il giornalista di “Newsweek”, quando scrive: “Nell’acqua necessaria per dissetare un manzo di 450 chili si potrebbe far galleggiare un incrociatore”. Secondo David Pimentel, produrre un chilogrammo di proteine animali richiede quindici volte più acqua di quella necessaria per produrre la stessa quantità di proteine vegetali. Oggi, gran parte dell’acqua dolce disponibile in Nordamerica viene utilizzata per la coltivazione di cereali destinati all’alimentazione animale: il risultato è che le falde acquifere del Midwest e delle Grandi Pianure si stanno rapidamente esaurendo, e che la carenza sta rapidamente cambiando le modalità di utilizzo dell’acqua nei settori industriali, commerciali e domestici. E’ già accaduto che, nella zona occidentale del paese, alcune città e quartieri residenziali abbiano subito razionamenti di acqua, con forti limitazioni all’uso domestico e industriale. Di rado, però, i consumatori sono informati del fatto che il divieto di innaffiare prati, lavare automobili e utilizzare acqua per scopi di non immediata necessità, è dovuto alle enormi quantità di acqua pompate per far crescere i cereali destinati all’alimentazione di bovini e di altro bestiame.

Quasi la metà dei bovini allevati a cereali negli Stati Uniti vengono cresciuti in stati del West o del Midwest, che attingono ad un’unica falda. La falda Ogallala è una delle più grandi riserve sotterranee d’acqua al mondo: si estende dal Texas al South Dakota, attraverso otto stati, coprendo un’area tre volte superiore a quella dello stato di New York. Oggi, gli agricoltori attingono dalla falda Ogallala una quantità d’acqua superiore a quella che scorre annualmente nel fiume Colorado. Gran parte di quest’acqua è pompata dagli stati cerealicoli, per irrigare la terra su cui crescono i cereali destinati ai milioni di bovini allevati nelle praterie del West e nelle stalle d’ingrasso del Midwest. Negli ultimi quarant’anni sono stati prelevati, da questa riserva sostanzialmente non rinnovabile, circa 480 chilometri cubi d’acqua. Gli idrogeologi stimano che la falda sia già dimezzata in Kansas, Texas e New Mexico. In Texas, un quarto dell’acqua presente nel sottosuolo è già stata utilizzata e, nella parte settentrionale dello stato, molti pozzi in cui sono prevalenti le coltivazioni intensive di sorgo destinato all’alimentazione bovina, si stanno esaurendo. Il livello delle falde acquifere è ormai così basso che lo U.S. Department of Agricolture prevede che in meno di quarant’anni le aree irrigue delle Grandi Pianure “si debbano ridurre del 30 per cento”.

In California, dove il 42 per cento di acqua dolce è destinata all’irrigazione di cereali bovini per alimentazione animale e all’abbeveraggio di bovini e altro bestiame, le falde acquifere sono scese così in profondità che si registrano fenomeni di subsidenza: circa 13.000 metri quadrati nella San Joaquin Valley sono sprofondati, in alcuni punti di quasi dieci metri. Dalle falde della San Joaquin Valley viene attinta acqua a “un ritmo che supera la capacità di rigenerazione di 2000 miliardi di litri all’anno”.

Gli allevatori del West hanno a lungo goduto del privilegio di accedere alle risorse idriche locali. Nei primi tempi, essi fecero in modo di costruire i propri recinti vicino a fiumi e torrenti, per soddisfare il bisogno d’acqua della mandria. Il controllo sui “diritti d’acqua” ha contribuito a garantire agli allevatori il potere politico ed economico necessario per dettare condizioni sull’uso dei territori vergini. Oggi, numerosi torrenti e fiumi che attraversano le praterie sono ridotti a rigagnoli, o completamente disseccati, a causa dell’eccesso di pascolo, dell’erosione del suolo e della desertificazione.

Sfortunatamente, le attuali normative tributarie federali incentivano agricoltori e allevatori a pompare sempre più acqua dalla falda acquifera sotterranea. In New Mexico, Texas e Kansas, il proprietario di un terreno ha diritto di sfruttamento totale della falda acquifera sottostante, per compensare “il fatto che i costi di pompaggio aumentano con l’abbassamento del livello di trivellazione per raggiungere la falda”. Anche il costo d’acquisto degli utensili di trivellazione e pompaggio è deducibile dal reddito imponibile: negli Stati Uniti, la metà del costo di realizzazione di impianti di irrigazione è stato sopportato dal governo federale che, in effetti, ha sussidiato agricoltori e allevatori con fondi pubblici.

Negli ultimi novant’anni, il governo federale ha sponsorizzato “trentadue progetti di irrigazione in diciassette stati del West, dove il 20 per cento dei terreni agricoli sono ora irrigati grazie al contributo del governo federale”. Lappé riferisce di uno di questi progetti, nei pressi di Pueblo, Colorado, finanziato dal governo federale con 500 milioni di dollari, finalizzato a un piano di irrigazione a favore dei coltivatori di sorgo, mais ed erba medica destinati all’alimentazione animale. Il GAO calcola che il costo idrico di queste coltivazioni sia prossimo a 54 centesimi di dollaro per acre–foot, anche se l’onere per gli agricoltori è di soli 7 centesimi per acre–foot. Nello Utah, gli agricoltori pagano 18 dollari per acre–foot per l’acqua proveniente dal Bonneville Water Project, mentre il governo federale per garantire l’acqua sostiene un onere di 306 dollari per acre–foot. Spesso, secondo analisi ufficiali del governo, il valore di mercato del mangime prodotto è inferiore al costo sostenuto dalle casse federali per fornire acqua.

Molti agricoltori e allevatori hanno fatto fortuna traendo il massimo beneficio dai sussidi federali ai progetti di irrigazione. Oggi, secondo Lappé, un quarto delle terre irrigate grazie a progetti sussidiati dal governo federale appartiene solo al 2 per cento dei proprietari terrieri. Il Congresso degli Stati Uniti stima che nel West i sussidi federali destinati a progetti di irrigazione ammontino a 2,2 miliardi di dollari; fra 500 milioni e 1 miliardo di dollari sono destinati prevalentemente a coltivatori di fibre vegetali e di cereali per alimentazione animale. Nella sola California, più di 6 milioni di ettari irrigati con acque interessate da sussidi federali sono controllati illegalmente da potentati industriali e familiari. Analizzando l’effetto dei sussidi all’irrigazione sull’allevamento nelle regioni occidentali degli Stati Uniti, l’economista David Fields, della Cornell University, ha dato voce alle preoccupazioni di molti:

“Secondo una relazione del General Accounting Office, la Rand Corporation e il Water Resources Council hanno chiarito bene quanto i sussidi all’irrigazione a favore dei produttori di bestiame siano economicamente controproducenti (…). Le attuali pratiche di utilizzo delle acque minacciano di minare alla base l’economia di tutti gli stati della regione.”

I bovini sono anche causa di un altro problema ambientale legato alle acque: infatti, ogni anno producono quasi un miliardo di tonnellate di rifiuti organici, la maggior parte dei quali, almeno negli Stati Uniti, si riversano sul terreno e penetrano nella falda, inquinando pozzi, fiumi e laghi del paese. Il geografo alimentare Georg Borgstrom stima che, in America, una quantità di agenti inquinanti, doppia rispetto all’intero settore industriale, sia ascrivibile ai bovini e ad altro bestiame d’allevamento.

Gli allevamenti intensivi sono una pericolosa fonte di inquinamento organico, responsabile di circa la metà degli inquinanti organici tossici rilevati nell’acqua dolce. Il manzo d’allevamento medio produce ogni giorno più di 20 chilogrammi di sterco: in un allevamento medio ci sono 10.000 capi, per un totale di 200 tonnellate di sterco al giorno. Per inquadrare il problema nella giusta prospettiva, le scorie organiche prodotte dall’allevamento medio sono equivalenti a quelle prodotte da un insediamento umano di 110.000 abitanti. L’azoto dello sterco bovino si trasforma in ammoniaca e nitrati, si sparge sul terreno e percola nella falda acquifera o nell’acqua di superficie, inquinando pozzi, fiumi e torrenti, contaminando l’acqua potabile e uccidendo la fauna ittica.

Con la crescita della domanda di carne bovina fra i consumatori benestanti delle nazioni industrializzate, la disponibilità di acqua dolce pura, in tutto il mondo, potrebbe ridursi drasticamente. La carenza di acqua dolce e la contaminazione delle acque di superficie stanno già creando non poche tensioni fra paesi che condividono corsi d’acqua, ma anche all’interno di singoli paesi, fra le diverse forze sociali che, a diverso titolo, reclamano la propria quota di risorse.

Traduzione di Paolo Canton
Tratto dal libro: ”Ecocidio, ascesa e caduta della cultura della carne” Mondadori, 2001
Jeremy Rifkin, presidente della Foundation on Economic Trends di Washington, insegna alla Wharton School of Finance and Commerce, dove tiene i corsi dellùExecutive Education Program sul rapporto fra lùevoluzione della scienza e della tecnologia e lo sviluppo economico, lùambiente e la cultura.

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