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L’appello che segue è stato lanciato con grande clamore in Francia nei mesi scorsi dalla rivista di musica rock Les Inrockutibles. La riproponiamo perché ci sembra che la situazione descritta nell’appello, che è poi stato firmato da centinaia di intellettuali e gente di spettacolo francesi, ma non solo, sia moto simile a quella che viviamo nel nostro paese dove l’ideologia berlusconiana appare l’incarnazione palese e pericolosa di un ottuso e populistico anti-intellettualismo di stato, dove ogni libera espressione del pensiero, dello spirito, della riflessione filosofica e letteraria o del dissenso politico viene deriso o ferocemente attaccato dai politici e dall’informazione di regime. Memori di Goebbels, ministro della propaganda nazista, e di una sua famosa affermazione secondo la quale “quando sento parlare di cultura metto mano alla pistola”……
Nulla di più vicino oggi di una università senza fondi e di un laboratorio scientifico paralizzato, nulla di più vicino di un intermittente dello spettacolo e di un dottorando precario, di un medico di pronto soccorso e di un giudice sommerso di pratiche e procedimenti, di uno psicanalista interdetto dalla sua professione e di un archeologo privato dei suoi scavi, nulla di più vicino di un architetto, un avvocato o un medico la cui libertà di esercitare è sempre più accerchiata, niente di più vicino di un disoccupato arrivato alla fine dell’assistenza e di un artista con il Rmi [reddito minimo], niente di più vicino, in aule vetuste […], di un professore e dei suoi studenti.
Tutti questi settori del sapere, della ricerca, del pensiero, del legame sociale, produttori di conoscenza e dibattito pubblico sono oggi l’oggetto di attacchi massicci, rivelatori di un nuovo anti-intellettualismo di Stato. È l’applicazione di una politica estremamente coerente, quella alla quale assistiamo. Una politica di impoverimento e di precarizzazione di tutti gli spazi considerati come improduttivi a breve termine, inutili o dissidenti, di tutto il lavoro invisibile dell’intelligenza, di tutti i luoghi in cui la società si pensa, si sogna, s’inventa, si cura, si ripara. Una politica di semplificazione dei dibattiti pubblici, di riduzione della complessità […].
Questa guerra all’intelligenza è un evento senza precedenti nella storia recente della nazione. È la fine di una diversità francese: un semplice sguardo a qualcuno dei nostri vicini europei, all’Inghilterra post-thatcheriana o all’Italia berlusconiana, permette di capire cosa ne è di scuole, ospedali, università, teatri, case editrici alla fine di quelle politiche che, condotte in nome del buon senso economico e del rigore di bilancio, hanno un costo umano, sociale e culturale esorbitante e conseguenze irreversibili.
Lungi dal costituire un movimento dall’umore corporativo, questo sussulto delle professioni intellettuali riguarda l’insieme della società. Prima di tutto perché la produzione e la diffusione delle conoscenze ci è altrettanto indispensabile dell’aria che respiriamo. E poi, perché, al di là dei nostri mestieri, dei nostri saperi, delle nostre pratiche, è il legame sociale che viene attaccato, relegando al margine i disoccupati, i precari e i poveri.
E ora? Forti di questa presa di coscienza, si tratta di condividere le lotte e le mobilitazioni, di federare le nostre inquietudini, di scambiare le nostre allarmanti esperienze, e di rivolgere al governo una protesta solidale, unificata, che venga da tutti i settori minacciati da questo anti-intellettualismo di Stato che nessun partito politico, di destra come di sinistra, ha ancora incominciato a denunciare. Ciascuno di noi deve continuare a proporre le sue rivendicazioni, erigere le sue difese, ma dobbiamo anche interrogare collettivamente i nostri concittadini su questo smantellamento delle forze vive dell’intelligenza.
Per sottoscriverlo in Francia l'indirizzo è appel@inrochs.com, in Italia carta@carta.org