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Sommario:

  1. Editoriale
  2. Il viatico
  3. Conflitti
  4. Bambini
  5. Stili di vita
  6. Cibi
  7. Terra, Acqua, energia
  8. Speciale Meeting di San Rossore sui cambiamenti climatici, luglio 2004
  9. Media
  10. Campagne e movimenti
  11. Diritti
  12. Culture
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Le guerre dimenticate in Africa

di

Carmine Curci

Padre Carmine Curci, missionario comboniano, ha studiato teologia in Brasile per 4 anni. A 24 anni ha cominciato a lavorare come redattore per la rivista "Nigrizia". Ha studiato politica internazionale all’università di Londra. E’ partito come missionario in Malawi che in lingua Cecewua vuol dire "bagliori di fuoco", e nel 1997 a Nairobi ha diretto la rivista "New People". Da alcuni anni è impegnato in Africa insieme ad altre persone alla formazione dei leader non solo a livello religioso, ma anche politico, sindacale e giornalistico. Per 6 anni ha diretto questo centro di comunicazione a Nairobi. Nel 2003 è stato chiamato a dirigere la rivista "Nigrizia", perciò è tornato in Italia. L’intervento che segue è stato registrato durante il Campo di Educazione alla Pace tenutosi nell’agosto 2003 a Pietrasanta e Sant’Anna di Stazzema e organizzato dagli attivisti pacifisti del Gruppo Jagerstatter di Pisa in collaborazione con l’Università di Pisa, il Comune di Pietrasanta, il Comune di Sant’Anna di Stazzema e la Regione Toscana.

"Mi ha fatto pensare molto il tema che si sta trattando qui, la pace, perché vorrei che nei prossimi anni venisse fatto un convegno su questo tema, la cultura della pace nei popoli africani. In tutti i popoli Bantu ci sono simboli e concetti che parlano di pace. Ad esempio, una donna Masai quando è incinta ha una cintura per sostenere la pancia, e se ci sono due uomini che stanno litigando e lei si toglie la cintura gettandola davanti a loro, questi uomini devono fermarsi. Il motivo è che la cintura porta la vita e quindi se si supera la cintura non si è degni di vivere. Il popolo che vive nel nord del Kenya ha una capanna dove si entra per discutere di decisioni politiche, e si discute al suo interno, senza poter uscire se non si è presa una decisione comune. C’è un professore a Nairobi che ha raccolto per il Kenya una serie di oggetti che parlano di pace e li ha esposti per far vedere ai giovani africani gli oggetti della loro tribù che parlano di pace. Stiamo cercando di usare gli oggetti e i valori tradizionali per richiamare le tribù alla pace. Usare elementi tradizionali è importante per il cammino che si sta facendo in Africa per arrivare a delle soluzioni politiche affidabili dei conflitti. Plinio il vecchio, scrittore latino, circa 2000 anni fa nella sua opera "La Storia della Natura" usò questa frase: "l’Africa non finirà mai di stupirci." Io penso che questa frase sia fortemente vera. Sono 20 anni che mi occupo di Africa, ci ho vissuto e lavorato, e più vado avanti nella conoscenza più sento questo mistero che a volte mi affascina e a volte mi lascia perplesso. Chi ha vissuto e ha lavorato in Africa vive una dialettica interna molto forte, dall’ottimismo si passa velocemente all’essere pessimisti. Guerra e pace si alternano e addirittura spesso convivono in molte situazioni dei paesi africani. Quali sono oggi i segni positivi dell’Africa? Ce ne sono tanti. L’Africa è il secondo più grande continente per grandezza, ha 800 milioni di abitanti, ci sono 2100 etnie, 2000 lingue locali che rappresentano il 30% delle lingue parlate nel mondo. L’Africa ha 53 stati, è un continente estremamente ricco, forse troppo. Un giorno ho chiesto ad un giovane in Angola del perché secondo lui c’era la guerra nel suo paese. E lui mi ha risposto che ciò accadeva a causa delle grandi ricchezze della sua terra (petrolio, oro, diamanti, legname, agricoltura, pesce). I russi vanno in Angola a pescare il pesce, lo portano nel loro paese e poi lo rimandano in Africa inscatolato. Perciò si capisce perché tanti siano interessati a questo continente, e lo saranno sempre di più. Oltre alla ricchezza del territorio, l’Africa è un paese ricco a livello antropologico. L’Africa è la culla dell’umanità. Gli africani sono un popolo che ha tanta voglia di vivere; difficilmente ho visto una mamma senza il suo bambino vicino, difficilmente i bambini africani piangono, sono sempre sorridenti. Questa grande ricchezza è in contrasto con una grande povertà. Ci sono 300 millioni di persone in Africa che vivono con un solo euro al giorno e la maggior parte sono donne. Se la situazione non cambierà a questi se ne aggiungeranno altri 200 milioni da qui al 2015. L’Africa è un continente a forte urbanizzazione e nei prossimi 25 anni circa mezzo miliardo di persone vivranno nelle grandi città, cioè nelle grandi baraccopoli e ciò vuol dire nessuna assistenza sanitaria, violenze, soprusi, ecc. Durante un recente incontro sul terrorismo mi sono fatto questa domanda: "Quali sono oggi le facce del terrorismo in Africa?". Ne ho individuate tre.

La prima è l’Aids, su 40 milioni di malati di Aids 28 si trovano in Africa. Le cure costano molto e ciò per ora vuol dire nessuna medicina, nonostante le promesse delle case farmaceutiche di riduzione dei prezzi. L’anno scorso ho visitato il posto dove sono cadute le due torri gemelle, ora là c’è un grande buco chiamato Ground Zero. Io ho un grande rispetto per le persone che hanno perso la vita là. La cifra ufficiale parla di 2700 persone. Mentre ero là a guardare il Ground Zero, mi è venuta in mente l’Africa, e ho pensato che ogni settimana in Africa ci sono delle torri gemelle che cadono; in Sudan ogni settimana muoiono di Aids 2400 persone, in Kenya 1750, in Malawi 800, in Zambia 1300. Non sono forse anche queste delle torri gemelle che cadono ogni settimana? La cosa triste è che la speranza di vita in Africa è discendente. Come possiamo parlare dell’Africa se l’aspettativa di vita è di massimo 40 anni a causa dell’Aids? Nel mondo ci sono 14 milioni di orfani a causa dell’Aids, sono spariti interi villaggi. Oggi spesso sono i nonni che si prendono cura dei bambini perché i genitori sono morti. La stima è che per il 2010 ci saranno 100 milioni di africani malati di Aids. In modo particolare i casi si moltiplicheranno in Nigeria ed Etiopia. Le previsioni sono molto allarmanti. Ma c’è un’altra realtà allarmante: di questi 28 milioni di persone colpite da Aids solo 50.000 ricevono un trattamento adeguato. Le ricerche su un vaccino sono divise in tre fasce: A, B e C.

La fascia A riguarda un vaccino per il virus in Occidente, la fascia B per l’Africa, e la C per l’Asia e l’Oceania. I ricercatori hanno confermato che le ricerche per ora si concentrano soprattutto sul virus A, l’attenzione e gli investimenti sono concentrati sul vaccino A. Gli africani sono privati non solo di medicine ora, ma anche di un futuro vaccino. Questa è una grande ingiustizia per l’Africa. Le classi più colpite da questa epidemia sono soprattutto le classi dirigenti: insegnanti, tecnici, medici. Le classi dirigenti africane stanno scomparendo. Il 90% dei letti d’ospedale sono occupati da malati di Aids, per cui il sistema sanitario africano, a causa di questa malattia, è completamente saltato.

La seconda faccia del terrorismo è la povertà voluta dalle realtà internazionali che controllano il commercio mondiale e le materie prime. L’Africa diventa sempre più povera, e anche la classe media si sta impoverendo. Sono 300 milioni i poveri in Africa e presto diventeranno 500 milioni. La scuola in Africa non ha strutture e insegnanti; il 40 % dei bambini africani non va a scuola, anche per questi motivi.

Il terzo aspetto del terrorismo è il debito estero. Oggi si aggira sui 206 miliardi di dollari. Questo pesa enormemente sullo sviluppo del continente. E ogni anno i paesi africani devono pagare il 13% in più. In realtà hanno già strapagato questo debito. Ci sono proposte per l’annullamento del debito, ma fino ad oggi non sono stati costruiti dei meccanismi per eliminare il debito. La classe dirigente africana di oggi non è credibile di fronte all’opinione pubblica del paese e c’è il timore che una volta cancellato il debito attuale possa ritornare in qualche modo poiché non esistono meccanismi di difesa. L’aiuto umanitario all’Africa è stato solo di 2 miliardi di dollari nello scorso anno, pochissimo se si pensa che la spesa mondiale per gli armamenti, prima della guerra in Iraq era di 798 milardi. Si parla molto delle guerre dimenticate in Africa, che oggi sono circa 15. Ci sono 90 eserciti privati che operano in Africa. Questi eserciti di professionisti, circa 2000 soldati, usati dalle multinazionali e dai vari capi di governo per difesa personale, addirittura dalle Nazioni Unite, stanno sempre più prendendo piede in Africa. La maggior parte di loro sono ex soldati inglesi, sudafricani e anche dei paesi dell’Est, sono altamente specializzati e non sanno cosa sono i diritti umani.

Facciamo una panoramica breve delle guerre in Africa. Cominciamo dal Magreb (Marocco, Algeria, Egitto e Mauritania). In Algeria dal 1992 esiste una guerra civile tra il governo centrale e i gruppi islamici. Gli scontri sono diventati sempre più violenti. Fino ad oggi questo conflitto ha prodotto più di 100.000 morti, e la media è di 200 persone uccise ogni settimana. Di queste cifre drammatiche non se ne sa nulla perché i media hanno deciso di non parlarne. L’Algeria è un paese ricco di gas e petrolio. Il prossimo anno ci saranno le elezioni e la realtà dominante in questo paese è l’esercito.

Nel Sahara occidentale sono 27 anni che il popolo saharawi chiede l’indipendenza dal Marocco. Fra breve ci sarà un referendum per l’indipendenza della regione, ma la domanda è: chi voterà? In Saharawi negli ultimi anni sono entrati molti marocchini per cui sarà difficile che questi votino per l’indipendenza del popolo Saharawi.

In Burundi dal 1988 sono morte circa 30.00 persone. La grande incognita di questo paese è l’esercito in mano all’etnia tutzi, mentre il presidente è Hutu e non ha grande spazio di manovra per fare riforme a livello politico, sociale e militare. I ribelli continuano ad attaccare le popolazioni inermi e più di una volta si sono pericolosamente avvicinati alla capitale. E’ una situazione molto instabile, difficile da prevedere.

In Rwanda, da poco ci sono state le elezioni. C’è stata molta propaganda in occidente a favore del nuovo presidente Kagame, che è stato aiutato dagli Usa per organizzare la campagna elettorale e non è stato invece lasciato alcuno spazio al suo contendente.

In Uganda del nord da 14 anni l’esercito fa strage di popolazioni, nella capitale ci sono 800.000 rifugiati. In questi anni ci sono stati 15.000 morti e migliaia di ragazzi sono stati rapiti e portati nel sud ed addestrati alla guerriglia. Non si sa qual è il progetto politico di questo movimento, l’unico obiettivo conosciuto che hanno è di cacciare il presidente dell’Uganda. Non si è mai visto il leader ribelle di questo movimento politico; ha sempre parlato alla radio, senza un volto, e ciò crea grossi interrogativi sulla sua reale esistenza. A Londra esiste un grosso gruppo di ugandesi contro l’attuale governo. Nel nord dell’Uganda adesso non esistono interlocutori ma solo massacri che continueranno ancora.

In Sudan da 20 anni c’è la guerra civile. Il vero motivo dietro a tutto questo è la lotta per il controllo delle risorse energetiche, in particolare del petrolio che si trova al sud. Si pensa che se fossero attivati tutti i giacimenti petroliferi del Sudan, potrebbe fare tranquillamente concorrenza all’Iraq e all’Arabia Saudita. Oltretutto il petrolio sudanese è al 90% puro per cui non ci sarebbe neanche bisogno di molto impegno per raffinarlo. Per portare il greggio al mare in Arabia ci vogliono 10 dollari, in Irak 5, in Colombia 18, in Sudan ce ne vogliono 2. E’ un grande risparmio di trasporto. Non a caso oggi il Sudan è diventato area strategica americana. Anche in Kenya gli americani sono entrati e si occupano delle trattative di pace tra nord e sud. I grossi problemi sono che il sud chiede il 60 % dei profitti nazionali, mentre il nord gliene vuole dare solo il 10%. Il sud chiede che ci siano due eserciti distinti tra nord e sud mentre il nord vuole un solo esercito. A causa della grande distanza fra le parti le trattative sono state interrotte; intanto però nel nord continuano ad essere uccisi moltissimi civili da parte dell’esercito governativo e dei ribelli.

In Somalia dal 1991 non c’è governo centrale, è l’unico paese in tutta l’Africa che ha lingua e razza in comune. La popolazione è però divisa in tanti clan, i principali sono 4, e ogni clan controlla un territorio. Ci sono state molte trattative di pace, ma ogni volta che si giunge alla firma, poi gli accordi non vengono mantenuti e si ricomincia da capo.

Tra Etiopia ed Eritrea è scoppiata la guerra nel 1998 che ha fatto 100.000 morti. Ai confini dei due paesi sono schierati gli eserciti formati da giovani soldati che si guardano senza sapere perché si fanno guerra.

In Congo la guerra è stata definita la prima guerra mondiale africana, è cominciata nel 1998 ed ha coinvolto 7 paesi africani. Perché tanti paesi sono entrati in guerra? Per trarre profitto dalle grandissime ricchezze del Congo. Ci sono stati recentemente degli accordi di pace, ma è anche vero che i vari comandanti locali non obbediscono più al governo centrale per cui la popolazione è ancora oppressa dalla violenza degli eserciti.

La Costa d’avorio era un paese tranquillo, ma nel 2002 è scoppiata la guerra anche là, con grandi massacri al nord. È una situazione instabile a causa del colpo di stato recente.

Altra regione instabile è la Liberia: 14 anni di guerra e 30.000 persone uccise. L’opinione pubblica, in particolare gli americani, si sono interessati da poco di questo stato e per mandare il loro esercito nella regione hanno chiesto che ci fossero già sul posto gli eserciti della forza internazionale, che il capo di stato liberiano andasse via e che ci fosse una certa stabilità nel territorio. Perché la Liberia sta diventando importante per la politica americana? Bush ha fortemente bisogno del voto afro-americano per le elezioni del prossimo anno in Usa. Fino ad oggi il voto degli afro-americani era per i democratici, Bush ha bisogno di intervenire in Africa per poterlo affermare in campagna elettorale. Nel 2000 Bush ha detto: "l’Africa non è un nostro interesse strategico", e gli afro-americani lo hanno molto criticato. La Liberia è uno dei maggiori esportatori di legname, per cui le compagnie internazionali (americane, francesi e giapponesi) hanno molti interessi nel paese. La situazione liberiana è molto difficile poiché non si riesce a concludere un trattato di pace duraturo.

La Sierra Leone invece ha una situazione diversa; è in atto un processo di stabilizzazione. C’è però un problema: il presidente attualmente in carica è gravemente ammalato, e alla sua morte ci saranno sicuramente grandi conflitti per la sua successione al potere.

È interessante capire perché c’è stata la guerra in Iraq. Chi controlla le risorse del mondo, controlla il mondo. Qual’è il cuore del mondo? Al centro c’è l’Iraq, chi controlla questa zona, controlla il mondo. In questo momento è controllato dagli Usa. La politica americana si basa su due pilastri: risorse naturali e sicurezza nazionale. Dove ci sono interessi americani (risorse naturali) diventa subito un fatto di sicurezza nazionale, per cui possono mandare le truppe a difendere questi interessi. In questo momento i soldati americani nel mondo sono 260.000. Tutte o quasi queste truppe, controllano il petrolio che va a rifornire il loro paese. E gli Usa non possono accettare un paese ostile quando si tratta della loro sicurezza. Il motivo dell’attacco all’Iraq per distruggere le armi di distruzione di massa non è ovviamente il vero motivo che li ha spinti ad intervenire.

Gli Usa sono in Africa perchè hanno deciso di trovare nuovi punti strategici per le risorse naturali. Fino ad oggi gli Usa ricevevano dall’Africa il 7% del fabbisogno nazionale, per il 2020 raggiungerà il 25%. I punti strategici ora sono il Gabon, l’Angola, la Nigeria, il Sudan, l’Algeria. Inoltre è importante per gli Usa avere il controllo delle rotte marine.

La guerra in Iraq ha portato delle grosse conseguenze in Africa. Da quando è finita la guerra ad oggi ci sono stati almeno cento attentati terroristici di cui si sa poco. L’Europa non è stata ancora attaccata poiché i terroristi si sono indirizzati contro i paesi musulmani moderati, come il Marocco. Gli esperti di terrorismo dicono che bisogna imparare a convivere con il terrorismo, poiché non si può sconfiggere. I paesi arabi non accetteranno mai l’invasione occidentale forzata di un loro paese come l’Iraq. Risponderanno con sempre più violenza. Ogni giorno ci sono dei morti e si è passati dalla guerra alla guerriglia. Gli americani pensavano di finire la guerra in fretta, ma non è andata così. Per 10 anni è stato consentito dalle Nazioni Unite il bombardamento del popolo iracheno e l’embargo ha ammazzato 60.000 bambini. In questo senso la politica delle Nazioni Unite pone moltissimi dubbi ed interrogativi.

Le conseguenze sull’Africa riguardano soprattutto il petrolio. Per alcuni paesi africani che non hanno il petrolio è stato più difficile l’approvvigionamento. Ma molti paesi hanno perso molto nel settore turistico: il Kenya ha il 50% in meno di turisti, la Tanzania il 30%. Tutte le economie africane hanno subito conseguenze.

L’Islam africano è sempre stato moderato finora, ma la situazione sta cambiando. In Mozambico sono state distrutte delle moschee, e non era mai successo prima. I musulmani africani cominciano ad essere sempre più fondamentalisti. Ci vuole una preparazione al dialogo e ad un confronto sereno con l’Islam per il quale non siamo ancora pronti. L’ignoranza delle culture e delle religioni altrui porta sempre ai conflitti perché è nell’ignoranza che si diventa radicali e fondamentalisti. Perciò bisogna riflettere seriamente su come trovare una forma di dialogo positivo con l’Islam.

In conclusione i segni positivi dell’Africa sono questi:

  1. La società civile. Abbiamo visto molte persone africane che si stanno impegnando in campo civile per il proprio paese (soprattutto in Congo, Ghana, Kenya e Sud Africa). Per esempio, le elezioni in Kenya sono state organizzate con cura da tanti attori per tutta la popolazione. Infatti dopo 40 anni si è giunti ad un grande cambiamento e in parlamento solo stati eletti molti cittadini impegnati civilmente. Si spera quindi che sempre più persone autoctone capaci riescano a fare un lavoro serio per la riorganizzazione della base della società.
  2. La stampa. E’ nata in Africa una forte stampa indipendente che viene distribuita e letta da tanta gente. Ogni anno vengono arrestati una ventina di giornalisti africani e ciò vuol dire che la stampa comincia a fare paura ai governi.
  3. Sono state concesse molte licenze per radio locali. In Kenya negli ultimi due anni sono nate 5 radio che funzionano molto bene.
  4. La donna africana sta riscoprendo un ruolo molto importante nella politica e nella società; ci sono sempre più primi ministri e deputate nei parlamenti. Ed è stato dimostrato scientificamente che nelle trattative di pace ove sono presenti le donne gli accordi si firmano più in fretta. Quindi ove le donne hanno ruoli importanti si arriva prima ad una conclusione positiva delle situazioni di conflitto. Le donne inoltre sono meno corrotte degli uomini nell’amministrare i ministeri e nei parlamenti africani costituiscono il 12% dei parlamentari. C’è un grande movimento femminile che sta acquistando potere in Africa e ciò porterà a molti cambiamenti.
Perché infine credere nell’Africa?

La storia dell’Africa ha tempi lunghi, più lunghi delle storie degli altri continenti. Gli africani possono risolvere i loro problemi a condizione che ne prendano coscienza. Essi hanno una grande fede nella vita e tante ricchezze da dare al resto del mondo: soprattutto la loro voglia di vivere e la loro umanità".

a cura di Marcello Cella
ha collaborato Annamaria Del Curatolo

Archivio (online o pdf):

  1. pdf L’Albero Pazzo 2
    Maggio 2002
  2. pdf L’Albero Pazzo 3 - 4
    Luglio 2002
  3. pdf L’Albero Pazzo 5
    Novembre 2002
  4. pdf L’Albero Pazzo 6
    Febbraio 2003
  5. pdf L’Albero Pazzo 7
    Aprile 2003
  6. pdf L’Albero Pazzo 8 - 9
    Luglio - Agosto 2003
  7. pdf L’Albero Pazzo 10 - 11
    Dicembre 2003
  8. pdf L’Albero Pazzo 12
    Settembre 2004