L’articolo che segue è la sintesi di vari documenti e inchieste sull’argomento di cui è
possibile consultare materiale più ampio presso i seguenti siti internet: www.cunegonda.info, www.peacelink.it, www.rainews24.rai.it, www.diario.it. L’adattamento è a cura di Marcello Cella.
Uno dei regali più ambiti da un popolo che ha la frenesia di comunicare senza sapere più cosa comunicare
è senz’altro il telefono cellulare, possibilmente di nuova generazione con video, internet e macchina
fotografica incorporate. Come ci raccomandano bambini sorridenti e belle gnocche al seguito. Compri un cellulare? Hai
tutto il mondo intorno a te. Però finanzi anche qualche guerra. E questo ovviamente non te lo dicono. Sai che tutte
le volte che utilizzi il tuo cellulare o giochi con la PlayStation contribuisci alla guerra? Come? Grazie al Coltan! Una
materia prima talmente richiesta dal mercato internazionale da aumentare il prezzo del 600% in meno di 4 anni;
manodopera offerta a costi irrisori; autorità locali disposte ad ignorare decine di morti nelle miniere e un
autentico disastro ambientale in due parchi naturali, per finanziare una guerra senza fine. E poi ancora, colpi di
Stato, contrabbando, diamanti. Questa è la storia del coltan nella Repubblica Democratica del Congo. Una sostanza
che è nel vostro cellulare, nella consolle per videogiochi o nella telecamerina che sognate di comprare, ma anche
nei rapporti ONU, nelle denunce delle ong, nelle interrogazioni parlamentari. Ma che cos’è il coltan? È
una specie di sabbia nera leggermente radioattiva formata dai minerali di colombite e tantalite dalla cui contrazione
deriva il nome "coltan". Dal coltan viene estratto il tantalio, un metallo raro, molto duro e resistente alla
corrosione, usato per la costruzione di turbine aeronautiche e per la fabbricazione di condensatori elettrici di piccole
dimensioni. Il tantalio, una polvere compatta utilizzata nella costruzione di condensatori passivi, negli ultimi anni
è stato un fattore chiave nella riduzione delle dimensioni dei telefoni mobili. È usato per aumentare la
potenza degli apparecchi riducendo il consumo di energia. Ha un peso simile a quello dell’oro e pressappoco lo
stesso valore. L’80% delle riserve mondiali di coltan si trovano in Africa e l’80% di queste sono in
Congo. Strettamente associato con il niobio (elemento chimico col numero atomico 41) nei minerali e nelle
proprietà, il tantalo è stato scoperto nel 1802 dal chimico svedese Anders Gustaf Ekeberg. Deve il suo nome al
personaggio mitologico Tantalo (figlio di Niobe) a causa della iniziale identificazione con il niobio. Fu il chimico
tedesco Heinrich Rose a dimostrare nel 1844 le loro diverse caratteristiche. Sebbene isolato molto presto rispetto da
altri materiali impuri, fu il chimico russo Werner Bolton che preparò nel 1903 il primo tantalio duttile impiegato
come filamento incandescente delle lampadine. Il tantalio mette in evidenza l’importanza che i metalli preziosi
della "old economy" hanno nella composizione dei prodotti della "new economy", non solo dei telefoni mobili, ma anche
dei computer portatili, delle consolle dei giochi e di altri congegni elettronici in cui la dimensione è
prioritaria. Circa un terzo del tantalio mondiale viene estratto da una compagnia australiana, la Sons of Gwalia.
Dove si trova
Il coltan in natura è nei minerali della colombite e tantalite. Il tantalio mondiale viene fornito da miniere
brasiliane, canadesi e australiane. In seguito all’improvviso aumento della sua richiesta seguito al boom dei
telefonini, il suo prezzo è aumentato da 65 dollari al chilogrammo nel 1998 a 550 dollari nel 2000 e 375 dollari
oggi. Visto che le miniere esistenti, prevalentemente in Australia, Brasile e Canada, non potevano seguire
l’improvvisa esplosione della domanda e che l’espansione della produzione avrebbe richiesto anni, i
raffinatori di tantalio hanno cercato nuove fonti di approvvigionamento. L’unico Paese al mondo a possedere
riserve di tantalio immediatamente utilizzabili è risultato essere la Repubblica Democratica del Congo (ex-Zaire),
dove nella regione orientale di Kivu sono stati scoperti vasti depositi superficiali di sabbie ricche di coltan. Solo
recentemente, in seguito alla contrazione della domanda internazionale e alla scoperta di nuovi giacimenti in altri
continenti, la ’febbre del coltan’ in Congo sembra essersi affievolita.
Lo sfruttamento del Congo
Il coltan congolese è estratto da una massa di improvvisati minatori che scavano con pale e picconi o
addirittura a mani nude il terreno per tirarne fuori la sabbia e portarla a spalla ai centri di raccolta nella
città di Goma e da lí in Rwanda. Per nutrire questa massa di disperati i cacciatori stanno sterminando
la fauna selvatica dei parchi nazionali della zona. In particolare, secondo una denuncia del WWF, due tra i
luoghi più prestigiosi del nord del Paese sono in pratica devastati dall’estrazione del coltan: il
Parco nazionale di Kahuzi-Biega e la riserva naturale di Okapi, la cui fauna è a rischio di estinzione. La
popolazione di elefanti, ad esempio, è precipitata quasi a zero rispetto ai circa 3.600 pachidermi censiti
nel ’96; nella sola parte settentrionale del parco di Kahuzi-Biega, sono rimasti 220 gorilla; nel
’96 erano il doppio.
A cosa serve
Dai videogame alle armi nucleari. Grazie alla sua capacità di resistere alle alte temperature e frequenze, il
Tantalio - estratto dal Coltan - è diventato un elemento sempre più necessario all’industria
elettronica. Da componente indispensabile per la produzione missilistica e nucleare e per il settore aereospaziale oggi
è il "genere di prima necessità" più ricercato dai produttori di telefonia mobile. Cellulari,
cerca-persone, personal computer, videogames, ma anche materiali ad uso chirurgico per funzionare hanno bisogno dei
microcondensatori al tantalio.
Coltan e cellulari
I nuovi telefoni sono così piccoli grazie all’utilizzo di alcuni metalli, quali il rame, il nichel, il
palladio, l’oro, e il tantalio, che aiutano a ridurre le dimensioni. In particolare, il tantalio utilizzato nella
costruzione di condensatori passivi che regolano il voltaggio alle alte temperature, negli ultimi anni è stato un
fattore chiave nella riduzione delle dimensioni dei telefoni mobili. Tanto che la richiesta di questo componente
minuscolo da parte dei giganti della telefonia mobile ha spinto il prezzo del prezioso metallo fino al 600% in meno di
tre anni. Il telefono cellulare non è altro che una radio che invia e riceve segnali lavorando a bassa
potenza. Contiene una batteria, un piccolo microfono, un minuscolo altoparlante, un display a cristalli liquidi, una
tastiera, non diversa da un telecomando televisivo, un’antenna, usata per ricevere e trasmettere segnali. I
condensatori di tantalio sono utilizzati come accumulatori di energia, pronti all’uso quando sopravvenga una forte
ondata di energia verso un telefono cellulare. Questi componenti aiutano a fornire quell’energia extra per il
telefono, che la batteria non può fornire da sola. Nel 2000 sono stati venduti globalmente 400 milioni di telefoni,
il 45% in più rispetto all’anno precedente. Nel 2001 i leader della telefonia mobile prevedevano di venderne
in tutto il mondo più di 500 milioni di unità. Dal momento che i telefoni cellulari non sono ancora
riciclabili, i fabbricanti non possono riutilizzare i metalli rari per i telefoni futuri, anche se si stanno
sperimentando forme seppur limitate di riciclaggio. I prezzi del tantalio sono quindi rimasti alti anche perché gli
unici sostituti dei condensatori di tantalio - i condensatori di ceramica - non possono essere costruiti in scala
sufficientemente piccola per adattarsi alle dimensioni dei nuovi cellulari. Nell’aprile 2001 l’Onu ha
presentato un rapporto contro lo sfruttamento illegale dei giacimenti di coltan nel nord del Congo e il traffico di
diamanti dall’Angola. Secondo i dati dell’ONU, circa 1500 tonnellate del prezioso materiale sono state
esportate illegalmente dall’Africa tra la fine del 1998 e l’estate 1999. Il traffico di coltan, ma anche di
oro e diamanti, avrebbe fruttato ai guerriglieri del
Raggruppamento congolese per la democrazia circa un
milione di dollari al mese, che sarebbero stati impiegati per finanziare la guerra contro il governo di Kinshasha. Dopo
la diffusione di queste notizie, diverse associazioni non governative belghe hanno lanciato una campagna di protesta con
lo slogan ’’niente sangue sul mio Gsm’’. E proprio le pressioni delle ong hanno convinto la
compagnia aerea belga Sabena (citata nel rapporto ONU insieme ad altre 13 compagnie) e la svizzera Swissair a sospendere
il trasporto del coltan.
Gli interessi in gioco
"I principali motivi di conflitto nella Repubblica Democratica del Congo (RDC) sono diventati l’accesso a cinque
risorse minerali di prima importanza - colombotantalite, diamanti, cuoio, cobalto e oro - nonché il controllo ed il
commercio di queste materie". È il primo punto delle conclusioni degli esperti ONU, che nell’aprile del 2001
in un rapporto hanno messo nero su bianco nomi, indirizzi, responsabili e vittime del traffico del coltan. Il Consiglio
di Sicurezza ha istituito una commissione d’inchiesta ancora al lavoro, e altrettanto ha fatto il Parlamento
belga, preoccupato per il possibile coinvolgimento di imprese del Paese. Per inquadrare la dimensione del traffico e i
suoi effetti, alcune cifre: all’inizio degli anni ’90, una libbra di coltan costava 20 dollari, e ancora 4
anni fa, il prezzo oscillava intorno ai 97 dollari. Nel gennaio del 2001, è arrivato a 350 dollari per libbra,
prima di scendere nei mesi successivi. Nel marzo del 2001, una settantina (ma c’è chi dice oltre 100)
minatori sono morti per il crollo di una miniera vicino a Goma. Nella riserva naturale di Okapi, dove si estrae il
coltan, la fauna è a rischio di estinzione. Solo fra la fine del 1998 e l’estate 1999 circa 1500 tonnellate
di coltan sono state esportate illegalmente dall’Africa. Il percorso del coltan è parallelo a quello di oro e
diamanti e avrebbe fruttato ai guerriglieri del
Raggruppamento congolese per la democrazia un milione di
dollari al mese. Soldi trasformati in armi per combattere contro il governo di Kinshasha.
Cui prodest
"Il legame fra lo sfruttamento delle risorse naturali e il proseguimento della guerra nella Repubblica Democratica del
Congo - si legge nel rapporto degli esperti ONU - è effettivo e poggia su 5 fattori (…):
- l’attitudine di certi paesi a finanziare la guerra fino ad un certo punto poggiando su risorse proprie, come
nel caso dell’Angola;
- l’attitudine di certi Paesi a prelevare risorse dal nemico e a servirsene per condurre una guerra
’autofinanziatà, come nel caso del Ruanda;
- la propensione di certi governi di mettere a profitto e sviluppare una situazione di guerra per trasferire a
beneficio della loro economia nazionale ricchezze prelevate da altri Paesi, come nel caso del Ruanda e dello Zimbabwe;
- l’interesse di privati cittadini ed alcune imprese a prolungare la guerra per trarne un beneficio politico,
finanziario o altro. È il caso dei generali dell’esercito ugandese e dello Zimbabwe, di politici poco
raccomandabili (Victor Mpoyo, Gaetan Kakudji, Mwenze Konkolo) nel governo della RDC;
- l’attitudine di una delle parti in conflitto ad offrire un interessamento (sotto forma di prodotti minerari
e sotto altre forme) ai propri alleati e ai suoi soldati, come nella RDC".
Di coltan in quest’angolo di Africa ce n’è molto: l’80% dei giacimenti mondiali conosciuti, anche
se ora si comincia ad estrarre in Sudamerica e in Oceania. E qui il coltan sembra riuscire in un compito impossibile,
mettendo d’accordo affaristi e governi, rispettabili società di esportazione e ribelli congolesi; trafficanti
e autorità locali; Paesi nemici riavvicinati dalla prospettiva di facili guadagni in un Paese, la RDC, dove buona
parte del territorio è presidiato dai guerriglieri e dove la morte di Kabila ha indebolito il potere
centrale. Fulcro insostituibile, la Societé minière des Grands Lacs (Somigl), creata e controllata dal
Rassemblement Congolais pour la Democratie (RCD), che amministra il Congo occupato dalle truppe ruandesi. Una
percentuale fissa del ricavato dall’esportazione del coltan (ufficialmente, il 10%) viene così direttamente
assorbita dai ribelli ruandesi. Ma come sempre in Africa, cifre precise sono impossibili.
Un paese occupato
In Congo si combatte ormai da 8 anni. E qualcuno rimpiange persino lo spietato Congo belga di Leopoldo
I. L’assassinio di Laurent Desiré Kabila ha gettato un intero Paese ancor più nel caos, mentre migliaia
di bambini prendevano in mano fucili, come denunciato ripetutamente da Amnesty International, e poco meno di 700 mila
civili scappavano via. Ovunque, pur di sopravvivere. Negli ultimi 8 anni i morti sono stati oltre 2,5 milioni:
innumerevoli i casi di stupro, sevizie, torture. In Congo tutto è permesso, e tutti vogliono esserci, nella
convinzione di arraffare qualcosa. Uganda, Ruanda, Zimbabwe ed Angola sono presenti con proprie truppe e il loro ritiro
è uno dei punti controversi dell’applicazione degli accordi di pace di Lusaka del 1999.
Gli ultimi anni
La situazione, in tempi recenti, peggiora nel 1994. Il genocidio e la guerra civile ruandese provocano un enorme flusso
di profughi: oltre un milione, verso il Congo (allora ancora Zaire). Il Congo importa disperati disposti a tutto per
vendicare pulizie etniche subite da hutu e tutsi. Nel 1996, in settembre scoppia la guerra nella regione del Kivu (a est
del Paese). A guidare i ribelli è Laurent Desiré Kabila, con il sostegno dei governi di Ruanda (ormai
saldamente in mano ai tutsi) e Uganda. Nel ’97 Kabila avanza verso la capitale mentre le forze armate regolari si
dissolvono. Il 17 maggio Kabila si proclama capo dello Stato subito dopo la partenza da Kinshasa del maresciallo Mobutu
Sese Seko al potere da 32 anni, da quando lo Zaire era diventato indipendente dal Belgio. Il paese torna a chiamarsi
Congo (repubblica democratica) e Kabila assume pieni poteri, reprimendo brutalmente ogni opposizione interna. Nel
’98, in agosto, scoppia una nuova ribellione nel Kivu, questa volta contro il regime di Kabila, da parte di ex
militari zairesi e miliziani banyamulenge (congolesi tutsi di origine ruandese). La rivolta si trasforma rapidamente in
una guerra regionale con l’intervento di Ruanda, Burundi e Uganda a fianco dei ribelli e di Angola, Namibia e
Zimbabwe a sostegno di Kabila. Il 18 aprile 1999 Kabila e il presidente ugandese Yoveri Museveni firmano in Libia un
accordo che prevede un cessate il fuoco e il ritiro delle forze straniere, ma il conflitto continua. Il 10 luglio un
nuovo accordo viene firmato da Kabila e i suoi alleati, oltre che da Uganda e Ruanda, ma anche questo accordo viene
disatteso. Secondo fonti Onu continuano i massacri e le violenze. L’ONU, finalmente, interviene nel febbraio 2000,
inviando 5.537 soldati: il 17 giugno l’Onu approva una risoluzione in cui ordina il ritiro di tutte le forze
straniere. Ma non fissa una data limite e tutto, o quasi, resta come prima. Il 6 dicembre 2000 le parti in conflitto,
fatta eccezione per uno dei tre movimenti ribelli, firmano un accordo di disimpegno delle loro forze per permettere il
dispiegamento della forza dell’Onu. Promesse vuote, perché nessuna delle potenze confinanti vuole lasciare il
Congo per prima, nessuna delle fazioni vuole disarmarsi. A gennaio Kabila è assassinato e il parlamento proclama
presidente suo figlio, il generale Joseph Kabila, che ad inizio aprile destituisce il governo. Il nuovo esecutivo, tra
l’altro, compie un passo importante e liberalizza il commercio dei diamanti, prima fonte di valuta per il Paese,
sospendendo il monopolio di acquisto ed esportazione di una società israeliana. Secondo stime ufficiali, il
potenziale di esportazione del settore diamantifero della Rdc è dell’ordine di 600 milioni di dollari
all’anno (circa 230 miliardi di lire), ma le esportazioni legali non superano attualmente i 240 milioni di
dollari. Il resto, se ne va in contrabbando, e la liberalizzazione dei traffici potrebbe arginare, si spera, il
fenomeno.
Spiragli di luce
Il 6 luglio 2001 a Nairobi un vertice tra il presidente ugandese Yoweri Museveni e quello ruandese Paul Kagame sembra
metter fine allo scontro tra Ruanda ed Uganda, una delle variabili impazzite del dramma congolese. Poche ore prima, a
Dar es Salaam, in Tanzania, Museveni e il presidente della RDC Joseph Kabila annunciano il disgelo tra Uganda e Congo,
fino ad allora di fatto in guerra. Le potenze regionali vicine cominciano a ritirare le truppe dal Congo, dove arrivano
i caschi blu Onu. Certo, nel Congo si continua a morire. Nelle settimane successive, in particolare, vengono uccisi poco
meno di un migliaio di stregoni, a colpi di machete. Le loro proprietà vengono espropriate e ridistribuite nella
comunità, e forse, come sempre in Congo, dietro ad apparenti motivazioni religiose si nascondono interessi
economici, faide etniche, vendette tribali. Ma i segnali incoraggianti, una volta tanto, non mancano. Il 23 agosto 2001
giunge la notizia dell’avvio del dialogo a Gaborone, in Botswana, fra le parti in lotta in Congo.
Difficile dire se la febbre del coltan rimarrà solo un miraggio. È certo però che la strana sabbia nera
è un anello indispensabile della catena lucrativa che è alla base della cosiddetta new economy, e
l’industria hi-tech continuerà a finanziare la più grande e sanguinosa guerra africana. Per il momento,
senza sapere il perché, i contadini nella foresta congolese continuano a riempire i loro sacchetti di sabbia.