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Sommario:

  1. Editoriale
  2. Il viatico
  3. Conflitti
  4. Bambini
  5. Stili di vita
  6. Cibi
  7. Terra, Acqua, energia
  8. Speciale Meeting di San Rossore sui cambiamenti climatici, luglio 2004
  9. Media
  10. Campagne e movimenti
  11. Diritti
  12. Culture
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America Latina:
quale futuro per il cortile di casa di Washington?

di

Gabriele Cristoforetti

Dopo quell’11 settembre la vita di milioni di uomini è cambiata, distrutta. Distrutta per sempre. Qui però non si parla dell’attentato alle Twin Towers ma di un altro 11 settembre, che non è stato l’inizio, o se vogliamo la scusa, per sanguinose guerre ma ha rappresentato, invece, la fine del sogno di un popolo: il sogno di creare democraticamente una società più giusta e solidale. Era l’11 settembre 1973 ed il generale Augusto Pinochet, con l’appoggio di Washington, prendeva il potere in Cile con un colpo di stato, stroncando sul nascere le speranze di milioni di uomini e donne, fiduciosi ed entusiasti del governo democratico socialista di Salvador Allende. Mai l’entusiasmo e l’impegno civile in Cile era stato così forte e gli Stati Uniti temevano non solo un’altra Cuba ma anche che i propri interessi economici venissero minacciati e che l’esperienza positiva cilena fosse presa ad esempio da altri paesi dell’America Latina. Centinaia di migliaia di oppositori politici, sindacalisti, insegnanti, studenti, giornalisti o semplici cittadini sospettati di tramare contro la dittatura furono torturati, uccisi, a volte fatti letteralmente a pezzi. Molti di questi, come descritto da un capitano pentito dell’esercito in un terribile libro, Il Volo, furono drogati e gettati vivi nell’oceano, diventando desaparecidos. Il Cile non è più stato lo stesso. I reduci dalle torture e i familiari delle vittime neppure. I fantasmi di quei giorni continuano a tornare nelle loro menti senza lasciare pace. La voglia di costruire un mondo nuovo, ora, a 13 anni dalla fine della dittatura, non è più quello di 30 anni fa, è stato spazzato via. La storia del Cile non è il solo caso di speranza delusa, o se vogliamo di futuro sottratto, in America Latina; è invece il paradigma della storia di tutti i suoi paesi, dal lontano periodo dei conquistadores spagnoli in poi. Ripercorrendo la storia di questo continente nel libro Le vene aperte dell’America Latina, Eduardo Galeano racconta come i diritti e le speranze dei popoli che vi abitano siano sempre stati calpestati, prima dagli spagnoli e dai portoghesi, che ne rubavano le immense risorse portandole nel vecchio continente, poi dagli americani che facevano lo stesso attraverso le loro multinazionali. E’ significativo notare, ad esempio, come ancora oggi, in molti di questi paesi non esista una rete ferroviaria che colleghi i principali centri abitati, tutte le linee portano inspiegabilmente verso il mare. Le ferrovie costruite in passato non servivano, infatti, agli abitanti per spostarsi ma alle multinazionali straniere per derubarne le ricchezze, trasportandole attraverso il mare. Ogni tentativo di opposizione a questo destino, sia in modo democratico sia con la lotta armata, è stato duramente represso. Solo Cuba, pur nelle sue profonde contraddizioni, è riuscita a sottrarsi fino ad ora a questo comune destino reagendo al sanguinario e ingiusto regime di Fulgenzio Batista durante il quale l’Avana Immagine: Militare allo stadio era conosciuta come il bordello degli Stati Uniti per la sua corruzione e prostituzione. Per tutti gli altri paesi del cono sud, la storia è una sequenza di operazioni della CIA volte a instaurare dittature militari, destabilizzare e far cadere governi democraticamente eletti, causare e armare guerre civili e genocidi, oppure semplicemente ricattare i diversi paesi perché aprano il loro mercato alle multinazionali USA. Basta citare i casi più noti. La destituzione del governo progressista di Arbenz in Guatemala nel 1954, colpevole di voler attuare una riforma agraria che avrebbe in primo luogo danneggiato la multinazionale americana United Fruit, ha portato ad una guerra civile durata 36 anni e a un vero e proprio genocidio tra i maya (almeno 200.000 morti). Il colpo di stato in Argentina nel 1976 ad opera del generale Videla ha fatto piombare il paese nel periodo più buio della sua storia con la stessa macabra contabilità di morti, torturati e desaparecidos del vicino Cile. La Colombia, il cui esercito e le cui truppe paramilitari sono armate da Washington attraverso il famigerato Plan Colombia, continua ad avvitarsi nella spirale di violenza di una guerra civile ormai in atto da 40 anni che ha prodotto oltre a decine di migliaia di morti tra i civili, circa due milioni di sfollati. E poi il golpe in Paraguay nel 1954, in Brasile nel 1964, in Uruguay nel 1974, l’occupazione militare di Panama nel 1989 (dopo un secolo di ingerenze per il controllo del canale), i continui interventi in Honduras, la persecuzione del movimento sandinista in Nicaragua e l’appoggio logistico e militare ai contras, i tentativi di far cadere il regime di Cuba tra cui lo sbarco nella Baia dei Porci, ecc. Del resto già nel 1823 il presidente degli Stati Uniti Monroe definiva l’America Latina "il cortile di casa" di Washington scoraggiando ogni altro paese a interferire nel suo dominio. Il concetto veniva poi modernizzato nella dottrina della sicurezza nazionale negli anni ’60 che definiva come ‘nemico interno’ qualsiasi movimento sociale, qualsiasi sindacalista, studente, magistrato, giornalista, prete (vedi la teologia della liberazione), ecc. che lottava per una società più giusta in America Latina.

Immagine: Ché Guevara Oggi, l’America Latina, seppure intrappolata dai fantasmi del passato e costantemente ricattata dal Fondo Monetario Internazionale, continua a guardare avanti. Alcuni segnali di speranza hanno cominciato a riapparire ma la sfida per la vera libertà e autodeterminazione, necessarie per costruire società giuste, è difficilissima. Il nuovo premier argentino ha cominciato a prendere provvedimenti per riaprire i processi ai carnefici della dittatura lottando contro l’impunità che permetteva a vittime e torturatori di incontrarsi tranquillamente per strada, cosa che in Cile nessuno ha ancora trovato il coraggio di fare. Il Venezuela sta lottando contro le enormi disparità sociali e la fame e per assicurare importanti conquiste sociali (come la scuola e l’assistenza sanitaria) ai suoi abitanti. Il brasiliano Lula, la grande speranza di un paese potenzialmente ricchissimo ma dove una gran parte della popolazione vive nella miseria più profonda, ha promesso un miracolo ed una società più giusta, anche se a onor del vero finora ha impiegato più energie ad ingraziarsi i mercati internazionali spaventati dalla sua elezione che a lanciare le timide campagne contro la fame o per i senza terra.

Immagine: E poi Cuba, che sta aspettando un appoggio dei paesi vicini per poter uscire dall’eterno stato di emergenza e risolvere le sue contraddizioni. Forse, mai come ora, l’America Latina ha avuto la possibilità di prendere in mano le redini del proprio destino. Il pericolo è però dietro l’angolo, ed oggi prende il nome di ALCA, il progetto USA di istituire un mercato comune in tutto il continente americano che di fatto rischierebbe di annientare le deboli economie di tutti i paesi del cono sud, non in grado di competere con quella statunitense, e di peggiorare la situazione di povertà di molti di essi. Le prese di posizione contro l’ALCA da parte di Lula, come del presidente venezuelano Chavez, insieme alle proteste sociali in molti paesi sono fortunatamente di buon auspicio, ma la storia, purtroppo è imprevedibile

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    Maggio 2002
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    Luglio 2002
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    Novembre 2002
  4. pdf L’Albero Pazzo 6
    Febbraio 2003
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    Aprile 2003
  6. pdf L’Albero Pazzo 8 - 9
    Luglio - Agosto 2003
  7. pdf L’Albero Pazzo 10 - 11
    Dicembre 2003
  8. pdf L’Albero Pazzo 12
    Settembre 2004