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Sommario:

  1. Editoriale
  2. Il viatico
  3. Conflitti
  4. Bambini
  5. Stili di vita
  6. Cibi
  7. Terra, Acqua, energia
  8. Speciale Meeting di San Rossore sui cambiamenti climatici, luglio 2004
  9. Media
  10. Campagne e movimenti
  11. Diritti
  12. Culture
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Date corpo alla giustizia, alla verità e alla pace di Mons. Alessandro Plotti, arcivescovo di Pisa

a cura di

Elisabetta Caporali

Vorrei richiamare la vostra attenzione su tre problemi che mi sembrano fondamentali; tra l’altro sono gli stessi che sono stati affrontati dal Papa nei tre messaggi in occasione della giornata della Pace del 2001-2002 e del 2003. Tre problemi sui quali è aperto un ampio dibattito. Il primo di questi è la visione delle diverse culture. Io credo che dovremo fare una seria riflessione su questa necessità, su questa urgenza che le culture diverse si mettano a confronto. Ci sono tradizioni diverse legate alla storia e alla sensibilità dei diversi popoli ma se vogliamo costruire un mondo nuovo, non dobbiamo far prevalere alcune culture su altre, o fare una classificazione emarginante. Dobbiamo mettere tutte le culture sullo stesso piano di dignità per un dialogo serrato anche polemico ma costruttivo. Oggi si tende ad esasperare l’appartenenza culturale come uno stratagemma per dominare, qualcuno addirittura ha avuto la dabbenaggine di parlare di culture superiori. Questa è veramente una bestemmia, un insulto a quei popoli che forse vivono in una situazione di sottosviluppo economico ma certamente non culturale. Ed è proprio questo aspetto che bisogna combattere: la radicalizzazione dell’appartenenza, della propria identità culturale. Anche se mi sembra un dato scontato, fare questi discorsi, non mi sembra scontato per niente ribadirli perché lo scontro tra le culture diventa uno scontro politico. La cultura, quella vera, quella che coinvolge l’uomo in tutte le sue accezioni trae necessariamente un’importante e fondamentale valenza politica. Quindi trasformando la differenza delle culture in scontro politico si compie una gravissima sovrapposizione ed una strumentalizzazione da combattere. Credo che questo incontro fra le culture sia una condizione fondamentale per la globalizzazione di cui tanto parliamo e che spesso non sappiamo cosa sia esattamente. E’ chiaro che ciascuno di noi deve essere attaccato alla propria cultura, la deve difendere e promuovere ma questo non può diventare il pretesto per scontrarsi con altre culture. Questo cammino d’integrazione, di pluralismo è uno degli aspetti fondamentali del nuovo mondo. Quindi non si possono classificare le culture, bisogna necessariamente accogliere questa sfida. Pensate ora a questo problema del confronto dell’uomo tra le culture, un problema grande che sfocia nella grande problematica dell’immigrazione. Un flusso migratorio che sta diventando addirittura una specie di deportazione. Dobbiamo costruire soprattutto con la consapevolezza che ogni cultura usa la sua diversità ed ha valore unico. I valori sono quello della solidarietà, della pace, della vita, il valore dell’educazione, del rispetto della persona e della sua irripetibile identità. Mi pare che questo sia un tema sul quale bisognerebbe riflettere attentamente. Perché non possiamo fare una cultura vera, liberatoria, autentica se non attraverso questo dialogo che si realizza e si compie nella dimensione personale. Questo perché la cultura è incarnata dalle persone, quindi sono le persone che si devono confrontare, senza false sicurezze, senza presunzioni, senza preconcetti, con la capacità di mettersi in dialogo con tutti per costruire proprio da questa sinergia, la promozione alla diversità. Questo mi sembra un primo tema importante, perché non c’è civiltà dell’amore e della pace senza questo rispetto vero e autentico, direi umile delle diversità culturali dei popoli; dal momento che ogni popolo deve avere il diritto di esprimere, sulla scena mondiale, le proprie esigenze culturali, di mettersi a confronto con gli altri, in una crescita comune che sia veramente un umanesimo nuovo. Sappiamo molto bene che il mondo è stato dominato per tanti secoli dalla cultura occidentale. Oggi invece bisogna mettersi all’ascolto di altre culture emergenti che non hanno mai avuto la possibilità di esprimere la loro ricchezza per costruire un mondo dove ciascuno possa essere se stesso e possa rispondere delle sue proprie azioni, in un clima di dialogo e d’integrazione. Il secondo problema che è stato affrontato nel messaggio del Papa del 2002 è quello della giustizia. Non c’è pace senza giustizia e non c’è giustizia senza perdono. Questo è il titolo del messaggio della giornata mondiale della pace del 2002.Tutti abbiamo letto in questi giorni il grande fallimento della conferenza mondiale di Cancun. E’ una terribile esperienza di ingiustizia, dove i popoli ricchi attraverso questa fandonia del protezionismo continuano a far prevalere il loro dominio economico e quindi ancora una volta assistiamo ad una situazione di palese ingiustizia, che non permette a certi popoli di emergere, di costruirsi un futuro in una dimensione dignitosa. Ci sono necessariamente popoli opulenti che continuano a difendere i loro diritti esasperatamente e popoli poveri che non possono far altro che rimanere nella povertà. Questa è la divaricazione tra il mondo dei pochi ricchi e quello di miliardi e milioni di poveri, questa è veramente una delle sfide più grandi. Io credo che di fronte a questa sfida bisogna tutti sentirsi responsabili perché noi apparteniamo ai popoli ricchi e non rinunciamo a ridurre le nostre esigenze. C’è un’esasperazione, una lotta dura dei diritti a scapito dei doveri, allora lo sviluppo è condizione fondamentale per la giustizia. Non c’è giustizia senza sviluppo, non c’è giustizia senza la promozione vera dei popoli poveri. Credo che questo sarà il grande problema degli anni futuri. La rivolta dei popoli, la rivoluzione dei poveri che sarà incontenibile. E noi continuiamo a stare attaccati ai nostri diritti e ai nostri privilegi, contrabbandando una giustizia che non è assolutamente la giustizia distributiva che il Vangelo ci propone. Il bene comune non è soltanto il bene nostro, della nostra pancia, ma è quello che si colloca nella mondialità della dimensione di questo sistema. E trova la sua collocazione soprattutto là dove molti popoli non hanno i diritti fondamentali, là dove cadono tutti i discorsi e le teorie economiche. Occorre una nuova economia che non sarà più quella del conflitto che dovrà finire ma finalmente una nuova, capace veramente di rinunciare e di vedere ciò che serve e di non gonfiare le proprie esigenze a scapito dei diritti di alcuni di noi. Noi continuiamo a mangiare, a divertirci, a vestirci sulla pelle di chi muore di fame e di chi magari con lo sfruttamento minorile ci permette di indossare la giacca firmata, le scarpe alla moda e noi tutti non ci rendiamo conto che quella giacca, quelle scarpe hanno dentro il sangue di chi deve lavorare per una ciotola di pane o di riso. E noi quindi pensiamo che ci deve necessariamente essere una rivolta delle coscienze, noi non possiamo come cristiani accettare assolutamente questo tipo d’ingiustizia che è fondato sul potere economico e sul conflitto con gli altri. Sembra quasi intoccabile questa legge, sembra quasi che oramai tutti dobbiamo essere vittime di questa legge e quindi cercare degli accomodamenti, delle ristrutturazioni, delle tappe, ma se qui non c’è la fondazione di un nuovo ordine sociale, il mondo non si salverà. Poi tutto questo è legato al problema dell’inquinamento che ci riguarda tutti e noi popoli ricchi ne siamo più responsabili degli altri.

Un altro tema grave è quello della guerra. C’è ancora qualcuno che pensa si possa instaurare la giustizia attraverso la guerra. Questa è una follia. Se noi detestiamo veramente la guerra e perciò la violenza, noi facciamo veramente una scelta di non violenza; la giustizia non si istaurerà più, bisogna assolutamente condannare ogni tipo di guerra. Guerra senza se e senza ma, non si possono escludere aggettivi alla guerra giusta, guerra ingiusta, la guerra di liberazione, di opposizione sono tutte assurdità. La guerra in quanto tale, come scontro violento deve essere condannata in maniera assoluta e radicale perché non c’è assolutamente giustizia là dove si ricorre ad una guerra irreale, e nello scenario mondiale purtroppo si dà anche ragione di questo: là dove si è fatta la guerra per liberare i popoli si rischia di andare verso un’oppressione ancora peggiore di questa. Questa è la logica di una giustizia fondata sulla guerra, sul potere e sugli strumenti di oppressione, di violenza che non promuovono nessun equilibrio.

Un altro aspetto fondamentale, un’altra faccia di questo contesto è il terrorismo, se lo vogliamo combattere bisogna andare ad esaminare in maniera spietata le ragioni, le fonti del terrorismo. Il terrorismo nasce necessariamente dall’oppressione e nasce dal vedere calpestati alcuni diritti fondamentali che sono inalienabili, perciò non possiamo combattere il terrorismo con altra violenza ancora maggiore ma il terrorismo si potrà combattere solamente con la legge dell’amore. Non a caso il Papa riunisce questi problemi nel messaggio del 2002, l’anno scorso parlare di giustizia e di perdono aveva un senso fondamentale. Perdonare non significa far finta di nulla, passar sopra; questo atteggiamento buonista che accomoda tutto e tutti è di moda negli ultimi tempi. Ma perdonare significa passar sopra, passare oltre le inimicizie, gli odi per costruire una diversa dimensione di socializzazione, di società. Credo che questo è un altro tema fondamentale su cui non possiamo non essere d’accordo. Purtroppo siamo d’accordo spesso quando si tratta di combattere le grandi battaglie sulla giustizia ma rischiamo talvolta di non essere tutti allineati. Questo perché c’è troppa gente che sta a guardare e questo atteggiamento negli ultimi tempi è molto diffuso.

Un altro punto è la pace, questa grande chimera che molto spesso sembra così irraggiungibile, deve essere invece il dono che cerchiamo. "Io vi dono la mia pace", dice il Signore Gesù, "non vi darò quello che vi dono nel mondo ma ciò che vi dò è la pace che è l’amore vero". Non è il nostro amore di paglia che è fatto di sentimenti e di passioni ma l’amore che viene da Dio, l’amore eterno che ci ha creati e redenti.

Nell’ultimo documento del Papa di quest’anno che ricorda il 40° anniversario della Pacem in Terris si parla di quattro pilastri con cui costruire la pace. E’ bene ricordarli molto brevemente. Il primo è la verità: noi dobbiamo essere al servizio della verità, è la verità che fa la pace e la verità significa chiamare le cose con il loro nome, non aver paura di affrontare la verità, di servirla anche se è scomoda, inquietante. La verità sull’uomo, sui suoi diritti inalienabili, la verità sui valori etici della solidarietà, della condivisione. Oggi noi tutti purtroppo siamo vittime della manipolazione della comunicazione e tutto ciò che ci viene detto dai mass media lo accettiamo senza discussioni. Essi ci dicono tutto tranne la verità, bensì la verità edulcorata, strumentalizzata sempre in funzione di un potere da mantenere, perché i mezzi di comunicazione cercano di creare un senso, la verità che spesso crea consenso. La verità spesso crea delle divaricazioni e delle ostilità che a loro volta creano guerra. Il Signore glorioso non è venuto a portare la pace ma la guerra, il fuoco è la verità che incide, che ferisce; la verità è qualcosa che taglia a metà la nostra ipocrisia distruggendola, perciò essere veri significa avere veramente più ruoli. E’ vero che i fatti possono essere interpretati diversamente ma i fatti sono un arricchimento ed è per questo che bisognerebbe avere una coscienza di discernimento serio sulla verità della storia. Anche in questo quante manipolazioni, quante strumentalizzazioni!

Il secondo aspetto della giustizia da trattare è ancora una volta riferito al bene comune, contro la discriminazione, questa giustizia che non è quella degli uomini purtroppo, quella che vediamo nei tribunali, "La giustizia è uguale per tutti", che poi non è vero perché la giustizia si mette a servizio dei cittadini, i quali se la gestiscono spesso colpendo quelli che non sanno difendersi, i poveracci, coloro che non hanno voce né i mezzi per pagarsi gli avvocati. La giustizia perché abbia un valore non deve essere solo quella planetaria, ma una giustizia delle piccole cose, dei piccoli rapporti tra le persone, la giustizia che passa attraverso la riqualificazione dei rapporti umani. Questa capacità sempre nuova di essere attenti alle persone, alle diversità di ogni persona.

La libertà, altro tema grandemente abusato, la libertà per noi cristiani è la libertà dello spirito, della coscienza che si riempie di contenuti iniziando a vedere la libertà economica, politica, sociale. Ma la libertà se non è frutto di una libertà interiore, una liberazione dal male, dalle nostre passioni e colpe, dalla nostra superbia, quest’isola che ci accompagna nel percorso interiore della nostra vita che libertà è? La libertà è un grande tema da affrontare; poche sono le persone libere, noi diciamo di vivere in un Paese libero però siamo schiavi delle mode, della pubblicità, dello scimmiottamento dei parametri che ci vengono importati dall’estero, i giovani spesso credono di essere liberi perché si sono emancipati ad ogni tipo di tabù, mentre poi diventano schiavi di chi ha in mano le leve dell’audience, del consenso. E così tutti si vestono in un certo modo, parlano in un certo modo, a favore di una popolazione che è contro la libertà di coscienza. Noi dobbiamo gridare la nostra libertà, la libertà dello spirito che ci permette di essere autenticamente noi stessi. Chi non è se stesso e chi non sa gestirsi anche le proprie mancanze, le proprie nevrosi non è libero e quindi non può portare un contributo serio alla realizzazione della pace. La pace è l’ennesima potenza della libertà, la pace deve essere un valore che noi riusciamo a costruire attraverso le quattro strade che sono: la verità, la libertà, la giustizia e l’amore. L’amore, l’ultimo di questi quattro pilastri, non è solo quello soprannaturale ma l’amore inteso come potenzialità dell’uomo di mettersi al servizio degli altri, l’amore che ci permette di dimenticare noi stessi per accogliere gli altri, per costruire veramente una dimensione di fraternità e di solidarietà che sia non soltanto di cartello ma autenticamente radicata nel cuore. Non c’è giustizia senza amore, non c’è amore senza libertà e non c’è libertà senza verità. Credo che questo sia un altro tema importante che coglie proprio le condizioni indispensabili dell’individuo degno della nostra avventura storica. Noi dobbiamo riappropriarci di noi stessi, altrimenti saremo vittime inesorabilmente di tutto quello che ci viene proposto come "il meglio". Occorre una formazione alla libertà, alla giustizia, all’amore, dobbiamo cominciare dai più piccoli, anche questa è un’altra sfida delle nostre comunità cristiane che dovrebbero essere aiutate a formarsi veramente a questa libera adesione, senza condizionamenti. Occorre questa ricchezza interiore fatta di testa, di cuore, di gambe e del coinvolgimento di tutta la persona, senza la quale non si attua il messaggio del Vangelo, occorrono persone che si mettano in gioco totalmente per combattere questa battaglia per la giustizia e per la pace, altrimenti il mondo andrà sempre peggio. Saremo sempre più complici di questa ipocrisia che ha ormai dimensioni planetarie e che rischia di trascinare tutti in un vortice che è quello dell’incomunicabilità. E dall’incomunicabilità si passa solo alla violenza e alla morte.

Discorso pronunciato dall’Arcivescovo di Pisa Mons. Alessandro Plotti in data 16 settembre 2003 alla pieve di S.Giulia a Caprona (PI)

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    Febbraio 2003
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    Settembre 2004