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Sommario:

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  8. Speciale Meeting di San Rossore sui cambiamenti climatici, luglio 2004
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Che cos’è l’agricoltura sinergica

di

Monica Zoppè

Una giornata di studio ed esperienza sul campo, organizzata sabato 8 maggio dalla Scuola Contadina, che opera a Latignano, grazie agli sforzi di Franco Mori e di Maurizio Gioli.

Tra le accuse più gravi che si possono volgere all'agricoltura 'tradizionalè (forse sarebbe meglio chiamarla 'industrialè), che domina le coltivazioni mondiali a partire dalla cosiddetta rivoluzione verde, vi è quella di impoverire rapidamente ed inesorabilmente il suolo, rendendo sempre più necessarie dosi massicce di composti chimici azotati e fosfati per sostenere la crescita delle piante coltivate. In questa logica il suolo è considerato alla stregua di puro e semplice supporto meccanico, tanto che si sostiene di poter coltivare anche il deserto: basta portare acqua e fertilizzanti a sufficienza. Con questa concezione, peraltro insostenibile nel lungo periodo, si ignora completamente il complesso e ricchissimo ecosistema che svolge i suoi cicli sotto la superficie, e che sta alla base di ogni sistema di vita naturale che non ha bisogno di supporti ed arricchimenti artificiali.

Partendo da un punto di vista diametralmente opposto è invece possibile stabilire, tra contadini e terra, una forma di alleanza che porta al ripristino di una varia comunità di abitanti del sottosuolo, che a sua volta stimola e facilita la crescita delle piante.

Il termine sinergico deriva dal greco ed è composto di syn (con, insieme) ed ergos (forza, energia) ed in questo caso fa riferimento proprio alla 'collaborazionè fra il terreno, con la sua comunità biologica naturale, l'agricoltore e le diverse piante che vengono disposte in modo da favorire lo sviluppo dell'insieme.

I dettami dell'agricoltura sinergica sono pochi ma rigorosi, anche se vanno ovviamente adattati alle diverse località, esposizione e caratteristiche geologiche e climatiche. Il tutto si basa su un pensiero semplice: la terra si sa mantenere e rigenerare da sola, quindi la si lavora una sola volta, all'inizio, e poi non la si tocca più.

Nella pratica, questo significa che il campo va preparato in un modo preciso e seguito secondo delle regole che porteranno alla stabilizzazione di un equilibrio.

Preparazione dei bancali.

All'inizio c'è la terra: questa viene preparata in bancali, di 1,20 m di larghezza (in modo da poter raggiungere tutta la superficie senza dover calpestare i bordi), alti da 30 a 50 cm e separati da passaggi di 50-60 cm. Lungo le superfici dei bancali è disposto un sistema di irrigazione a goccia che consiste in un semplice tubo forato e chiuso in fondo, che sta nel terreno, collegato ad un distributore (che può essere un semplice bidone) posto leggermente in alto, così che la gravità sia sufficiente a distribuire l'acqua lungo tutta la lunghezza del tubo.

Una volta preparato il bancale si può iniziare a seminare, distribuendo miscele di semi diversi, tra cui non deve mai mancare una leguminosa (fagiolo, fagiolino, fava, secondo i gusti). In questo modo si favorisce l'arricchimento del terreno, visto che le leguminose hanno la proprietà di fissare l'azoto atmosferico e renderlo disponibile anche per le altre piante.

Una volta seminato il bancale va ricoperto di pacciamatura di paglia: questa protegge i semi e ostacola la crescita di erbe indesiderate. Certo non le blocca completamente, e, soprattutto all'inizio, quando la terra è ancora ricca di semi e radici di erbe selvatiche, la crescita di infestanti andrà controllata togliendo le erbe a mano (vietato naturalmente l'uso di diserbanti chimici). Queste però si faranno sempre più rare, man mano che crescono gli ortaggi: per ora togliamo le parti verdi, prima che crescano abbastanza da fiorire. In questo modo impediamo la produzione di altri semi, e (nel caso che derivassero da pezzi di radici rimasti nella terra) le indeboliremo progressivamente, fina a che anche quelle radici diventeranno nuovo concime per il nostro orto.

Al tempo del raccolto, toglieremo solo le parti che effettivamente consumiamo, lasciando le radici nella terra e utilizzando le altre parti (per esempio i fusti) per pacciamare la superficie. In questo modo, l'arricchimento che la pianta produce, fissando i componenti primari grazie all'energia solare, ritorna in massima parte al sistema che lo ha prodotto, e non ci sarà bisogno di apporto di concimi dall'esterno.

Tutti sanno, però, che non basta seminare, bagnare e diserbare per avere un orto produttivo: spesso, soprattutto in agricoltura biologica, una serie di altri commensali pensa di poter condividere i frutti della terra: insetti, lumache ed altri parassiti. Che si fa? Una possibile risposta ci è fornita dall'uso di piante che allontanano gli insetti, come il piretro ed il tanaceto: basterà avere una o due di queste specie ed il bancale sarà protetto da invasori.

È anche estremamente importante avere la massima varietà di piante in ogni bancale, in questo modo si mantiene una popolazione di insetti varia, che si controlla reciprocamente, si favorisce un uso equilibrato dei nutrienti e, quando le piante sono disposte nel modo migliore, si riduce la dilavazione lungo i bordi.

La giornata di lezione sul campo ha visto i partecipanti preparare un campo di patate (una coltura preparatoria per fare i bancali l'anno prossimo), seminare insalate, ravanelli, carote prezzemolo e fagiolini, e trapiantare alcune piantine già cresciute in vivaio.

Archivio (online o pdf):

  1. pdf L’Albero Pazzo 2
    Maggio 2002
  2. pdf L’Albero Pazzo 3 - 4
    Luglio 2002
  3. pdf L’Albero Pazzo 5
    Novembre 2002
  4. pdf L’Albero Pazzo 6
    Febbraio 2003
  5. pdf L’Albero Pazzo 7
    Aprile 2003
  6. pdf L’Albero Pazzo 8 - 9
    Luglio - Agosto 2003
  7. pdf L’Albero Pazzo 10 - 11
    Dicembre 2003
  8. pdf L’Albero Pazzo 12
    Settembre 2004