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Sommario:

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Il caffè dovrebbe costare meno

Il Caffè dovrebbe costare molto di più di quanto non costa attualmente al consumo, i veri costi di produzione sono scaricati al di fuori delle multinazionali. È molto più giusto ricorrere al commercio equo e solidale, e ve ne spieghiamo i motivi.

Fonte: Movimento di Cunegonda www.cunegonda.info

In un ipotetico mercato trasparente, il prezzo sarebbe in grado di esprimere tutte le componenti che formano un prodotto: il vero costo delle materie prime, la loro qualità e le conseguenze della produzione sull'ambiente e sull'assetto sociale, le ripercussioni dell'utilizzo sulla salute del consumatore, le problematiche connesse allo smaltimento del prodotto dopo il suo uso. In realtà ciò non accade, e le multinazionali non devono sopportare tutti questi costi, visto che gran parte di questi ricade invece sull'intera società (sotto forma di inquinamento, vittime del lavoro, sfruttamento, malattie, povertà, precarietà, eccetera). Si parla a proposito di "esternalità", ma per quale motivo le multinazionali se ne dovrebbero occupare se tutto ciò non costituisce per loro un costo in più?
In base al concetto di "esternalità", il prezzo giusto di un chilo di caffè venduto da una multinazionale dovrebbe arrivare a toccare i 50 euro se si considerassero i costi sociali ed economici attribuibili alle innumerevoli situazioni di sfruttamento dei coltivatori. Insomma noi paghiamo poco, ma qualcun altro paga per noi. Il prezzo del caffè continua a calare, almeno alla fonte: viene imposto dalle multinazionali, e la situazione di estrema indigenza dei coltivatori fa il resto: meglio vendere a poco che non vendere affatto! Il caffè viene poi tostato e raffinato altrove, e i paesi produttori vengono così praticamente rapinati di una risorsa che gestita invece in piena autonomia potrebbe rivelarsi molto vantaggiosa per le deboli economie nazionali di certi paesi del Sud del mondo, a tutto svantaggio delle multinazionali.
La legge della concorrenza, di fronte alla quale il WTO (Organizzazione Mondiale per il Commercio) chiude non uno ma entrambi gli occhi, tende a spingere le aziende a vendere sempre sottocosto per conquistare fette di mercato sempre più ampie, ed è proprio all'origine che i costi vengono tagliati: la quotazione del caffè negli ultimi sette anni è crollata riducendo in miseria migliaia di famiglie. Strangolati dal monopolio delle multinazionali, impoveriti dalla morsa delle oscillazioni dei prezzi, soggiogati allo strapotere degli intermediatori "obbedienti" alle regole della WTO. È il dramma che vivono tanti piccoli produttori di caffè dell'America latina e dell'Africa, alla prese con una crisi che ha fatto crollare i prezzi dell'80 per cento: a chi lo produce il caffè grezzo viene pagato, quotazioni di borsa, circa 65 dollari al quintale, contro i 550 del 1997. Un vero tracollo, che per i piccoli coltivatori significa non coprire neppure i costi di produzione.
Il caffè si produce soprattutto in Africa e America latina e coinvolge direttamente un indotto di più di 20 milioni di lavoratori. Il prezzo del caffè è crollato ed è ai minimi termini a causa delle politiche commerciali delle imprese che a livello mondiale controllano la lavorazione e la commercializzazione di questo prodotto. Sono solo quattro: Kraft, Nestlè, Procter & Gamble, Sara Lee e Tschibo. La massimizzazione dei profitti di queste multinazionali si ripercuote non solo sui livelli di retribuzione dei coltivatori, ma anche sulla qualità stessa del prodotto poiché le multinazionali spesso possono trovare e acquistare sul mercato caffè vecchio anche più di dieci anni, lasciando sul posto il prodotto migliore, quello di prima scelta. Le miscele arrivano a contenere anche caffè di terza qualità, e il tanto decantato aroma viene aggiunto in una seconda fase con sostanze aromatizzanti.
Forse, come in pochi altri casi, la soluzione non è affatto complicata ed è nelle nostre mani: si tratta di comprare caffè nei circuiti del commercio equo e solidale. L'unica cosa che manca è l'informazione, provate a chiedervi: quando l'ultima volta che avete sentito parlare in televisione di caffè equo o di consumo critico? Perché bisogna sapere per comprare criticamente.
Sapere che i prodotti del commercio equo, a partire dal caffè, sono prodotti di qualità, che rispettano l'ambiente e che quel profitto serve per migliorare le condizioni di vita, sanitarie, educative, abitative delle comunità che l'hanno prodotto.
Sapere che le cooperative locali, al contrario di quanto avviene con le multinazionali, hanno un sistema di rintracciabilità che permette di risalire al singolo produttore che ha coltivato il caffè, e questa è una ulteriore garanzia per il consumatore finale.
Sapere che il commercio equo e solidale ha consentito un miglioramento visibile delle condizioni di vita della popolazione. In alcuni casi di famiglie con ragazze madri ha permesso di sfamare i bambini e di mandarli a scuola.
Sapere che il commercio equo è importante e, anche se riguarda attualmente solo una esigua percentuale della produzione totale, consente rapporti diretti con gli importatori europei, interrompendo così la catena di intermediazione che si intasca quasi il cento per cento del valore del caffè.
Sapere che permettere ai coltivatori di entrare nel circuito del commercio equo si traduce in altri vantaggi indiretti, come ad esempio poter accedere a programmi di microcredito.
Noi consumatori la nostra parte la possiamo anche fare, ma cosa possono fare le aziende di distribuzione? Pensiamo a Coop Italia. È vero che è una delle poche catene di vendita che propone alla sua clientela alcuni prodotti del commercio equo e solidale, ma perché non intensificare gli sforzi per una decisa transizione verso questo tipo di offerta? E soprattutto, perché continuare a mettere sugli scaffali caffè commercializzato da multinazionali che realizzano profitti da capogiro controllando il mercato in modo tale da affamare e sfruttare intere società?

Archivio (online o pdf):

  1. pdf L’Albero Pazzo 2
    Maggio 2002
  2. pdf L’Albero Pazzo 3 - 4
    Luglio 2002
  3. pdf L’Albero Pazzo 5
    Novembre 2002
  4. pdf L’Albero Pazzo 6
    Febbraio 2003
  5. pdf L’Albero Pazzo 7
    Aprile 2003
  6. pdf L’Albero Pazzo 8 - 9
    Luglio - Agosto 2003
  7. pdf L’Albero Pazzo 10 - 11
    Dicembre 2003
  8. pdf L’Albero Pazzo 12
    Settembre 2004