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A Parigi c'è già una pesante sovrattassa per questi inutili mostri. In America (specialmente in California) ci sono forti limitazioni per chi compra macchine che non tengono conto di quel minimo di decenza obbligatorio in termini di risparmio energetico. In Italia nel febbraio del 2004 i Suv hanno raggiunto il 4 e mezzo del totale delle immatricolazioni (erano meno del 3 per cento nel `98), il che ci dà qualche indicazione in più sul nostro paese. Per esempio: non c'è crisi per le stronzate che costano molto. Per esempio: restiamo un posto privilegiato per la prevalenza del burino.
I guidatori di fuoristrada di lusso vi diranno tutti la stessa cosa: che guidano macchine sicure. È un'altra enorme cazzata. Il baricentro è alto, le ruote mostruose. Il rischio di ribaltamento in caso di incidente con un solo veicolo coinvolto (e un solo cretino che lo guida) è tre volte superiore a quello di una macchina normale. Lo spazio di frenata a parità di velocità è più lungo di quello delle altre macchine, sul bagnato è meglio che pregate Padre Pio o altri caritatevoli colleghi.
Non parliamo dei consumi: chi è tanto fesso da comprarsi un Suv che va a benzina penserà di avere costantemente un buco nel serbatoio (e quindi nel portafoglio), con qualche record degno di nota (il modello X5 della Bmw da 4,6 chilometri con un litro, pagare una carrozza a cavalli con tanto di cocchiere vi costerebbe meno). Elenco tutto questo per provare a difendere i consumatori, prima di tutto dalla loro immensa dabbenaggine. Però - è vero - quelli da difendere sarebbero gli altri, quelli che il Suv non ce l'hanno e che lo subiscono sotto forma di inquinamento, di rumore, di ingombro e, allargando il discorso al pianeta, di insensato consumo di risorse. Ma torniamo alla domanda iniziale: cosa spinge un essere umano a comprare una cosa pericolosa, antieconomica e inquinante? Probabilmente la convinzione che ciò gli dia qualche importanza, che metta in evidenza, come un biglietto da visita molto vistoso, la sua capacità di spesa, il suo essere «trendy», il suo fottersene di tutto e di tutti in nome di un potere conferitogli dal denaro. In sostanza un estremo egoismo personale, coniugato con la straripante ignoranza di chi crede che comprarsi un pezzettino più grande di buco nell'ozono, produrre più smog, occupare più spazio e fare più rumore sia un privilegio. Qui sta il problema: piccoli uomini guidano grosse macchine. Essi sono pericolosi a sé (e di questo non potrebbe fregarcene di meno) e agli altri (di questo sì, invece). Essi dimostrano con il solo gesto di girare una chiavetta nel cruscotto di aver perfettamente assimilato la lezione del nostro tempo: chi più distrugge risorse - e lo ostenta, e se ne vanta - è più potente, e gode quindi di maggior considerazione e di un miglior posto in società. Consumare di più sembra essere l'imperativo categorico del momento e non c'è giorno che qualcuno non ci inviti a «rilanciare i consumi» per aiutare l'economia. Sarà. Resta il fatto che consumare le strade, il pianeta, le risorse, l'aria e tutto il resto in modo sconsiderato per guidare un mostro antipatico e arrogante non è il modo giusto per farsi voler bene. Essi amano guardare dal finestrino «l'effetto che fa», comodamente seduti sul cuoio del loro status symbol, assolutamente impermeabili al senso del ridicolo. Poi rombano via, forse ignari che una piccola resistenza va formandosi e crescendo e che presto passerà, si spera, a creative «vie di fatto».