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Sommario:

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Il diossido di carbonio minaccia la vita dell’oceano

di

Christopher Doering

Una squadra internazionale di scienziati ha scoperto che i mari hanno assimilato circa 118 miliardi di tonnellate di diossido di carbonio generato dalle attività umane negli ultimi 200 anni, quasi un terzo della loro capacità di contenimento a lungo termine. "Questo processo ha un prezzo, e lo pagano gli organismi viventi". Due studi resi noti ieri sostengono che gli oceani del mondo abbiano assorbito quasi la metà del diossido di carbonio prodotto dagli esseri umani negli ultimi 200 anni, determinando rischi potenziali a lungo termine per coralli e alghe libere. Una squadra internazionale di scienziati ha scoperto che i mari hanno assimilato circa 118 miliardi di tonnellate di diossido di carbonio generato da attività umane tra il 1800 e il 1994, quasi un terzo della loro capacità di contenimento a lungo termine. Sono dati preoccupanti per le sorti future degli organismi marini: i coralli, per esempio, potrebbero vedere ostacolata la loro di formazione degli involucri esterni a causa dell'aumento dei livelli di diossido di carbonio "Questo processo ha un prezzo, e lo pagano gli organismi viventi", ha affermato il chimico marino Richard Feely, membro della National Oceanic and Atmospheric Administration (NOAA) e principale autore di uno dei due studi.

La ricerca è stata pubblicata nel numero di luglio di Science.

Il livello di diossido di carbonio rilevato nei mari, che ricoprono quasi il 75% della superficie terrestre, è diminuito fino al 30% poiché alberi e piante ne assorbono la maggior parte prima che finisca in acqua; il 20% del gas è catturato dal fogliame, mentre il restante 70% rimane nell’atmosfera. Lo studio, durato 15 anni, condotto ed elaborato con l’aiuto di diversi ricercatori di tutto il mondo, ha analizzato quasi 72.000 campioni prelevati dall’Atlantico, dal Pacifico e dall’Oceano Indiano. Dall’inizio dell’età industriale i livelli di concentrazione di diossido di carbonio nell’atmosfera sono aumentati dai 280 ppm (parti su milione) di due secoli fa fino ai circa 380 ppm di ora; senza il contributo dell’oceano, però, il livelli attuali sarebbero superiori di 55 ppm. Le ricerche mostrano che se anche gli oceani assorbissero sempre più gas, ci vorrebbe ancora molto tempo prima che diventino saturi. Le correnti, infatti, generano un lentissimo ricambio dell’acqua: quella che si trova in profondità viene spinta verso la superficie, dove può assorbire quantità maggiori di diossido di carbonio. "Gli oceani possono continuare ad assorbire CO2 ancora per migliaia di anni al basso ritmo attuale di ricambio", ha detto Christopher Sabine, oceanografo della NOAA e autore del secondo studio. L’aumento di CO2 nelle acque rappresenta però una grossa minaccia per le specie che vivono nello strato superiore (il 10%) del mare: le superfici dell’oceano catturano e immagazzinano il gas e la lenta circolazione delle acque mantiene i gas concentrati per la maggior parte dove vivono queste creature. Il cambiamento della composizione chimica degli oceani riduce il livello di ioni di carbonato di cui hanno bisogno coralli e altri organismi per produrre i proprio involucri. Nelle aree in cui il livello di ioni è divenuto troppo basso, le conchiglie, costituite di carbonato di calcio, possono cominciare a sciogliersi. L’impatto a lungo termine su queste creature e sulle specie che si nutrono di esse non è chiaro; per questo i ricercatori hanno dichiarato che verificheranno se l’assorbimento di diossido di carbonio di fatto colpisce la catena alimentare. Secondo Victoria Fabry, una biologa dell’Università della California che ha collaborato alla ricerca, "esiste l’eventualità che si produca un cambiamento nella struttura della catena alimentare… e quindi una alterazione della competizione tra le specie nell’ecosistema marino".

Da: countercurrents.org
Tradotto da Milena Patuelli per Nuovi Mondi Media

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