Speciale Meeting di San Rossore sui cambiamenti climatici, luglio 2004 | Intervista a Robert Watson del... => |
Da segnalare che la seconda giornata del meeting di San Rossore, è stata dedicata al "principio di responsabilità" e alla discussione su chi e come è responsabile del cambiamento climatico. La chiave di lettura di questo concetto fondamentale non sta infatti solamente nella responsabilità di governi e istituzioni, ma anche e soprattutto in quella dei singoli individui e del loro comportamento più o meno ecocompatibile.
Proponiamo qui un estratto degli interventi più significativi.
"I Paesi industrializzati hanno sia la responsabilità storica che quella attuale dell'immissione di gas serra nell'atmosfera. Il governo Bush, poi, è il più retrogrado e giurassico esistente sul pianeta. Non soltanto non ha firmato l'accordo di Kyoto smentendo promesse fatte in campagna elettorale, ma ha dato sovvenzioni per trovare nuove fonti di carburante fossile e tagliato i finanziamenti ai programmi di ricerca per la riduzione delle emissioni…È la nostra vita di ogni giorno che incide sul clima. Oggi sono i governi locali che, senza aspettare le decisioni degli organismi centrali, si stanno muovendo con iniziative autonome. È dovere di tutti intervenire: di tutti i partiti politici, siano di destra o di sinistra, di tutti i piccoli azionisti, dei media, dei gruppi civili, dei gruppi religiosi, perché la nostra generazione è la principale responsabile di questi fenomeni di mutamento ed ha il dovere di pensare alla sopravvivenza delle generazioni future".
"I governi locali possono fare molto per contrastare gli effetti devastanti del cambiamento climatico che ha sì dimensioni mondiali, ma coinvolge ciascun cittadino della Terra e dunque ciascuna istituzione dal momento che la responsabilizzazione collettiva può partire anche da azioni piccole ma significative".
"Il fiume è passato in 73 anni, dal 1930 al 2003, da una portata media di 20 metri cubi al secondo a 13,5: il 30 per cento in meno. Nel 2003 è stata appena di 7,3 metri cubi al secondo. L'Arno ha sempre avuto un andamento periodico e per il carattere 'torrentiziò non ce ne accorgiamo. Ma la tendenza è a decrescere". Tra il 1930 ed il 1941 la portata media annua dell'Arno era di 20 metri cubi al secondo. Tra il 1949 ed il 1979 era scesa a 18,1 e a 13,5 tra il 1980 ed il 2003. L'anno scorso, durante la grande estate calda, non sono stati superati i 7,3 metri cubi al secondo. "La colpa è delle precipitazioni piovose che diminuiscono di volume, dei giorni di pioggia che sono sempre meno e dell'aumento delle temperature. Fenomeni che riguardano tante altre parti del mondo".
"Prendere le distanze da un rapporto distorto dall'affermarsi delle dottrine meccanicistiche che, attraverso il pensiero cartesiano e illuminista, hanno progressivamente ridotto la natura a pura quantità, sancito il primato della materia, enfatizzato il potere dell'uomo a dispetto dell'ambiente e degli altri esseri viventi". La risposta sta nel ripudiare "una civiltà così squilibrata rispetto all'ambiente naturale che è oggi di per sè la più temibile arma di distruzione di massa", nel recupero dei valori che sono alla base delle religioni millenarie, nel ritrovare un rapporto "rapsodico" con la natura, nel riconoscerne la sacralità".
"Dobbiamo renderci conto che quanto sta avvenendo per mano dell'uomo nell'ecosistema davvero unico dell'Amazzonia, avrà conseguenze sul clima di tutta la terra. La deforestazione pesante altera il ciclo di energia solare, formazione di vapore acqueo, e di conseguenza il sistema delle precipitazioni in tutto il pianeta. Come sostiene un meteorologo brasiliano, esaminando le piogge in Brasile è possibile prevedere le precipitazioni del Sudafrica sei mesi dopo e quelle del Midwest americano tre mesi dopo. Invece di disperdersi e ridistribuirsi nell'atmosfera, il vapore acqueo viene ora risucchiato dalle radure provocate dalla deforestazione. E questo contribuisce a stimolare la formazione di tempeste".
"uno strumento utilizzato per correlare lo stile di vita ed i consumi di una popolazione con la "quantità di natura" che comprende sia le risorse naturali necessarie per mantenere quel tipo di vita e di consumi (es. campi per produrre grano, alberi per la carta, spazio per il costruito ecc.), sia gli spazi ambientali necessari per smaltire i rifiuti generati (es. ettari di foreste per assorbire l'anidride carbonica prodotta dalle auto); in pratica l'impronta rappresenta "il peso" (espresso in ettari) che ogni popolazione ha sull'ambiente." Se si desse il livello di vita dell'italiano medio a tutti gli abitanti della Terra occorrerebbe la produttività di due pianeti e questo non è possibile!"