Riportiamo di seguito l’intervento del professor Giovanni Ranieri Fascetti a proposito della ipotesi di smontare e ricotruire alltrove tre archi dell’Acquedotto Mediceo allo scopo di risparmiare il previsto sottopasso della “tangenziale nord est”.
Con l’occasione ricordiamo la posizione di Legambiente Pisa a proposito della “tangenziale nord est”.
Da “Il Tirreno” del giorno 19-11-2018
Il patrimonio è l’ultima ricchezza del Paese, l’unica a offrire reali prospettive di sviluppo economico e benessere sociale
Della tangenziale non c’è bisogno, no alla mania delle ruspe
Nel dibattito che si è scatenato sull’Acquedotto Mediceo e sulla proposta del sindaco Conti di smontare, rimontandole poi nelle vicinanze, tre arcate per far posto alla tangenziale nord-est interviene il professor Giovanni Ranieri Fascetti, studioso e ricercatore, esperto di Economia della Cultura, responsabile dell’Agenzia per la Valorizzazione e lo Sviluppo del Monte Pisano del gruppo culturale “Ippolito Rosellini” (gestore della Rocca di Vicopisano) e vicepresidente del Club per l’Unesco di Pisa.
<<Non ho mai sentito un emiro affermare: “Abbiamo troppo petrolio”, ma troppo spesso, quando si parla di patrimonio culturale, sento cittadini italiani dire “Ne abbiamo troppo”. Questo atteggiamento è dovuto all’ignoranza di ciò che rappresenta per la nostra nazione il patrimonio, ovvero l’insieme di paesaggio, monumenti, stratigrafie archeologiche, tradizioni, prodotti tipici. L’Italia possiede più del 50% del Patrimonio dell’Umanità, una risorsa enorme, non delocalizzabile, non inquinante, quasi sconosciuta al popolo e questo spiega perché invece di essere ricchi, ricchissimi, noi italiani siamo ridotti quasi allo stato di miserabili con un debito pubblico di più di trentacinquemila euro a testa, cinque milioni di poveri, un esercito di disoccupati e il patrimonio che versa in uno stato di penoso abbandono. Eppure il patrimonio è l’ultima ricchezza del Paese, l’unica a offrirci reali prospettive di sviluppo economico e benessere sociale. Oggi l’occhio distruttore si è fissato sull’Acquedotto Mediceo, monumento di straordinaria importanza storica e architettonica, opera la cui realizzazione destò meraviglia nell’Europa del XVII secolo. Quasi mille archi destinati a offrire ai pisani, costretti da secoli a bere l’acqua piovana delle cisterne o l’acqua non sempre buona dei pozzi, un’acqua pura, captata da 13 sorgenti e filtrata, distribuita da una rete di fontane pubbliche. Era quella l’epoca nella quale il potere politico mirava soprattutto a creare opere di grande utilità e beneficio per il popolo. Sappiamo bene che l’apertura di tangenziali ha anche la funzione di mutare terreni agricoli in aree di insediamento industriale, con la creazione aggiuntiva di aree di rifornimento carburanti, svincoli, rotonde e, chi più ne ha, più ne metta. Dunque non si tratta soltanto di salvare quello che rimane ancora intatto dell’acquedotto ma anche di salvare il nostro paesaggio dalla costruzione di una tangenziale che verrebbe peraltro a interrompere quel meraviglioso percorso ciclabile e pedonale che quotidianamente permette a centinaia di persone di fare sport e passeggiate ricreative tra Pisa e il Monte Pisano. Proprio questo insieme di architettura medicea e di paesaggio agricolo, di pista ciclabile e pedonale racchiude potenzialità turistiche sconosciute e quindi finora inespresse. Personalmente, come cittadino e quindi come proprietario di questo paesaggio, di questo monumento, di questo percorso viario antico e affascinante, mi oppongo a questa mania di andare con la ruspa a comandare in tangenziale, di distruggere ciò che mi appartiene e di spendere i miei soldi per un’opera della quale francamente credo non ci sia alcun bisogno in un’epoca, la nostra, nella quale bisognerebbe investire le poche risorse disponibili in miglioramento e manutenzione delle infrastrutture esistenti e soprattutto nello sviluppo della mobilità alternativa. Spero che anche tanti altri cittadini si accorgano di esistere e di essere i padroni di questa grande ricchezza, unica occasione di sviluppo economico del nostro Paese che una volta distrutta non ritornerà mai più.>>